mercoledì 30 aprile 2008

Il titanio che è dentro di me



Oggi, mercoledì, giorno libero, ci si può dedicare con impegno al riordino della casa.


Dimenticata, sul fondo di un cassetto, ritrovo la cronaca scritta ormai anni fa quando mi hanno inserito in coronaria uno stent, sorta di mollettina di titanio, con il compito di tenere l'arteria aperta.


Prologo: età 37 anni. D'improvviso, salendo le scale, una fortissima fitta al torace. Poi passata. Ad ogni sforzo ritorno della fitta, al punto di non poter percorrere 100 metri senza doversi fermare.


Dopo tre giorni, su insistenza d'altri, passaggio al Pronto Soccorso.


Sguardi scettici dei medici per la signora giovane, non sovrappeso, non fumatrice, non in terapia ormonale, non in tutto che presenta i sintomi di un attacco cardiaco.


Elettrocardiogramma: curve completamente invertite, addirittura lettino per salire in terapia intensiva. Cerotti di nitroglicerina, anticoagulanti a dosaggi tali da svegliarti di notte con la bocca piena di sangue uscito dalle gengive e macchie bluastre su tutto il corpo, esami su esami senza individuare nulla. Dimessa: non si sa cosa le abbia procurato l'ischemia cardiaca, tra un po' si rifaccia controllare.


Cambio di ospedale e programmazione della coronarografia.

A questo punto inizio la trascrizione di quanto appuntato in quel lontano aprile.

La coronarografia è fissata per le 9.00-9.30.

Verso le 10.00 mi accompagnano in sala operatoria: è in fondo al corridoio sulla sinistra.

C'è una finestra per chi vuole assistere all'intervento dall'esterno (mio marito non arriverà in tempo, come all'ultimo parto d'altronde).

Mi fanno stendere su un lettino, davanti a numerosi schermi. Un'infermiera mi copre con un telo verde, che sembra carta, e sto in attesa.

Fa piuttosto freddo.

Entra il mio cardiologo e per tranquillizzare comincia a parlare.

Noto che tutti sono rivestiti da camici di piombo.

Puntura dell'ago per l'anestesia locale a livello dell'inguine mentre nel braccio hanno già inserito un ago in vena da usarsi se necessario.


Penso che il medico cominci a bucare con una specie di bulino anche perchè vedo le dita sporche di sangue e una specie di bastoncino anch'esso sporco di sangue. Non sento però il dolore.


Solo quando inizia a salire il catetere per l'arteria femorale sento all'interno la sua salita, un fastidio che arriva fino al cuore.

E infatti vedo il catetere che sbuca sul monitor in prossimità della biforcazione delle coronarie.

Il tracciato ECG mi sembra normale.

Viene iniettato il mezzo di contrasto che si distribuisce nelle coronarie e appare sullo schermo quasi nero. Immediatamente appare la strozzatura a livello della coronaria sinistra.

Sullo schermo sembra lunga uno o due cm e chiedo al medico quanto sia in realtà.

Circa un centimetro.

Riiniettano altro liquido, osservano il cuore da tutte le angolazioni.

Sembra che il resto sia a posto.

Nella strozzatura c'è solo del grasso, non appare calcificata e si può procedere con l'angioplastica, sempre che io lo voglia.

Che altro posso scegliere?

Si procede con l'angioplastica.

Probabilmente si inserisce un altro catetere più sottile; vedo che si gonfia là dove finisce il primo catetere.

Il mio medico ne chiama un altro e parla con altre persone che sono fuori dal mio campo visivo.

Parlano in inglese e non capisco niente.

In italiano si discute sul diametro da usare: 4, penso millimetri, no perchè si inceppa; il 3,5 è meglio.

Mi iniettano una sostanza, senza precisarmi cosa. "Adesso sentirà un'ondata di calore salire e poi scendere, è normale".

Non è però un'ondata di calore: è come un fiotto di sangue caldo che sale dal cuore fino al viso e poi rapido fino ai piedi.

Tutto passato, tutto normale.

Ripensandoci ricordo la pagina finale del Gattopardo, quando il vecchio muore. L'autore potrebbe aver provato l'effetto farmacologico della sostanza che mi hanno iniettato.

"Adesso procediamo, sentirà un leggero dolore"

Il dolore non è affatto leggero, è lo stesso dolore dell'attacco di angina ma fortissimo e non finisce.

Vorrei sollevare le mani e allontanare i medici, voglio che tutto finisca subito. Ma non avrà mai fine?

Guardo il tracciato del cardiogramma perchè è l'unica cosa che riesco a vedere. Gli altri schermi sono coperti dalla macchina spara raggi X.

Il tracciato non è più normale, ma certo qualcuno se ne sarà accorto, sono qui talmente in tanti.

Stanno lavorando come se niente fosse e quindi vuol dire che tutto va bene, ma quel tracciato è molto anomalo con delle linee orizzontali che non dovrebbero esserci.

Sarà l'effetto del "palloncino", ma quando finiscono?

Adesso il dolore è finito. Mi sembra di non sentirlo più. Bene.

BUIO

Sto sognando: è un sogno tranquillo, forse ci sono i bambini, spezzoni di immagini ma mi sveglio.

Dove sono? Chi sono questi tre-quattro che mi guardano?

Non ho più gli occhiali e sul naso c'è la maschera dell'ossigeno: è come essere in alta montagna.

Ma allora sono svenuta: questo non era previsto.

Provo a muovere le dita delle mani: si muovono, non dovrebbe esserci danno cerebrale.

Vorrei chiedere ma non riesco a parlare.

"E' solo un calo di pressione", dicono, capita. Quando capita? "Nel 10% dei casi, stia tranquilla".

Certo che sto tranquilla, non alle mie compagne di stanza di ottant'anni circa, a me capita.

Fossi morta in quell'istante non avrei sentito nulla, non mi sarei accorta di nulla.

Ma mi torna il sonno, sto per riaddormentarmi e sono tranquilla.

Ho gli occhi chiusi.

Ma sento un colpo terribile al torace, come se il cuore uscisse, e poi un altro e un altro ancora e continuano.

Penso: non sono morta prima ma sto morendo adesso. Sembra che mi strappino il cuore.

Vi tralascio i pensieri scritti da chi crede veramente di star per morire.

Riapro gli occhi, di nuovo la maschera dell'ossigeno, ma perchè non arriva ancora l'aria?

Un medico si avvicina e mi dice che è tutto finito, l'angioplastica è riuscita e hanno inserito una "mollettina" (stent di titanio). C'è solo il rischio che qualche "sporchino" si possa formare per l'attrito, ma con gli antitrombinici non succederà niente.

Mi sento molto infelice e triste.

Vede il mio turbamento e comincia a sgridarmi: "devo essere contenta, sono sotto l'ala protettrice di qualcuno, non ho avuto un infarto ma solo un arresto cardiaco in sala operatoria per cui hanno potuto defibrillarmi subito (ecco cos'erano quei colpi) e il tutto è durato solo una manciata di secondi (se lo dicono loro): eccellente risultato di una prevenzione efficace"

Non riesco ancora a parlare, mi portano fuori con tre bei bolli rossi sul petto: comincio a vomitare, un urto violento, come una scossa, come se lo stomaco stesso dovesse uscire.


Passata. Dopo tanti anni, la mia molla è lì, silenziosa, a continuare il suo lavoro.

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