mercoledì 13 agosto 2008

Murano - Burano II

Usciti, ci avventuriamo tra le case alla ricerca dell’isola vera. Così troviamo il paese, la sua scuola, i negozi chiusi per ferie. Per l’ora e per il caldo, invece, non incontriamo nessun abitante locale.
Ritorniamo all’imbarcadero spinti dalla necessità più urgente: la merenda.
I battelli numerati arrivano con una certa frequenza, quel che manca è l’unanimità sulla prossima tappa.
“Torniamo a Burano, siamo venuti per quello”
“Andiamo in piazza S. Marco e poi decideremo”
“Facciamo il giro in battello dell’intera Venezia”
“Percorriamo il Canal Grande”
“Perché non visitiamo il Cimitero? È sul percorso” suggerisco
Fortunatamente Matteo è in montagna, altrimenti avremmo avuto una proposta in più.
Arriva il n. 42 con direzione Venezia: rimandiamo la decisione e saliamo.
Lasciata Murano, la prima fermata è il Cimitero.
“Non possiamo fermarci qui. Perché andarci? Poi è anche di cattivo auspicio.”
Tentennamenti vari e il battello è già ripartito.
Tappa successiva: Fondamenta nuove.
Nessuno propone lo sbarco, ma si scorge una gelateria nei pressi del pontile.
I variopinti colori della merce esposta attirano più del canto delle sirene.
“Più della cultura poté la gola”
Dopo tutto alla base dello stomaco, non sta il secondo cervello?
Forse ormai ben disposti dall’aver la pancia piena si decide di accontentare la mamma: prossima tappa il Cimitero.
Ritorniamo sui nostri “passi” e sbarchiamo davanti all’entrata del Cimitero, a cui è dedicata un’intera isola, circondata da muraglioni di mattoni arancioni interrotti da archi e bifore
Con noi non sbarca nessuno dei numerosi turisti che appena ti alzi ingaggiano una lotta incivile per accaparrarsi un posto a sedere, incuranti del galateo, incuranti degli sguardi sbalorditi, il volto con un’espressione assente ma ben saldi sul loro sedile.
Ovvio non sbarchi nessuno: leggiamo dal cartello che la chiusura è alle diciotto e mancano esattamente venti minuti.
Anche il guardiano ci ricorda l’orario di chiusura invitandoci a fare presto.
Un primo cortile bordato da tante piccole cappelle alcune in restauro, altre che sembrano abbandonate, ci introduce al primo campo con a destra le tombe delle suore a sinistra quelle dei frati.
Tante piccole croci bianche tutte uguali, fittissime, per alcune anche un vaso di fiori.
I viali sono bordati da cipressi, da siepi di bosso, da cartelli pieni di lettere dell’alfabeto.
Sembra un cimitero come tanti altri, solo un poco in miniatura.
Le lapidi infatti sono piccole: col marmo usato per le nostre è possibile ricavarne almeno quattro.
Zona dedicata ai caduti della guerra e continui borbottii sull’inutilità di quella visita.
“Potreste almeno dire una preghiera, siamo in un cimitero”
Si spande una voce femminile, rimbalza sui muri dei loculi, rimbomba ogni dove.
Per magia, chiamati dalla voce, compaiono persone a destra e a sinistra, si affrettano all’uscita.
Il messaggio ripetuto in tante lingue sembra perentorio: “Il Cimitero chiude”
Sollevati i figli, adesso ubbidiremo.
Ma mancano ancora dieci minuti, pieghiamo a destra e ci troviamo in un chiostro, all’entrata del convento dei frati.
Nessuno e la voce continua, i borbottii ormai sono aperta rivolta.
Rifletto: quanto poco osano i giovani. Anche ci capitasse di restare chiusi all’interno, quale sarebbe il problema?
Raggiungiamo l’uscita salutati dal guardiano giusto il tempo per risalire sul natante che adesso ci porterà a Burano.

Di fatto non abbiamo fatto a tempo a visitare un bel nulla.


continua...

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