martedì 6 gennaio 2009

Magritte a Milano

Pur completamente priva di una formazione artistica decente, è però possibile apprezzare le opere d'arte.
Ecco quindi, volenti o nolenti, due terzi della famiglia coinvolti nella trasferta domenicale a Milano, a Palazzo Reale, per visitare la mostra dedicata a: Magritte. Il mistero della natura
Insolito, almeno per me, il percorso: perchè anzichè arrivare in auto vicino al duomo, come probabilmente avrei fatto, da perfetta irresponsabile, fossi stata l'autista, facciamo sosta a Cascina Gobba, prendiamo la linea metropolitana verde, scendiamo a Loreto per cambiare linea, risaliamo sulla verde perchè l'altra è al momento inagibile, cambiamo di nuovo e finalmente siamo in piazza duomo.

Bello il duomo nel suo bianco-rosa-grigio chiaro, dopo la ripulitura dallo smog

A Palazzo Reale di mostre ce ne sono quattro (anche Seurat mi tenta ma la reazione delle figlie potrebbe essere inconsulta): l'unica fila è per Magritte.
Il sole già non illumina più lo scorcio di piazza, sono le quindici circa, e pazientemente, tra i brontolii della minore che deve subire tutte le prepotenze dei genitori (tipo obbligo a visitare le mostre) e l'assalto continuo di ragazzi senegalesi che ti offrono pubblicazioni africane, passano ben quarantacinque minuti.
Quarantacinque minuti al freddo e al gelo, i piedi come se ormai facessero parte di un altro corpo, le mani guantate piantate in tasca e tutta la testa avvolta nella sciarpa.
Ma finalmente l'attesa ha fine e cominci a visitare la mostra, audioguida alle orecchie, con la calma necessaria a far ritornare il sangue alle estremità.
Sono più di cento i quadri esposti, alcuni già visti in fotografia, altri del tutto nuovi.
Curiose e a volte inquietanti tutte le frasi di Magritte che tappezzano le pareti delle sale.
Curiose perchè esattamente come per i suoi quadri, devi guardare e sentire, non devi porti domande ma quasi fossi cieco e sordo cogliere l'al di là dell'apparenza.
Continui i richiami alla natura.
"Una natura, quella immortalata allo sfinimento da Magritte, che fa a pezzi la logica ed esalta la contraddizione, dispone a suo piacimento le apparenze e getta lo spettatore nel buco nero dell'enigma. Eppure, rimane natura, iperrealistica, lontana da ogni ricerca cubista, ogni sfrenata euforia espressionista, ogni velleità astrattista. Magritte (1898-1967) è stato il pittore dei pensieri e delle idee, dei sogni e degli incubi, dove l'estetica figurativa, scortata dall'uso tecnicamente sublime dei colori, ha reso visibile, con una precisione quasi matematica, la "materia grigia", l'intelletto. Il trucco di Magritte consiste nell'aver codificato un suo personalissimo linguaggio di segni e simboli per tradurre pensieri e deliri onirici, utilizzando oggetti di uso comune, facilmente riconoscibili, imponendo loro delle trasformazioni inquietanti o combinadoli tra loro in una scenografia incongruente.
La mostra racconta questo primato. Partendo dai primi, e quasi sconosciuti dipinti futuristi, passando dalle immagini più oscure del periodo fra le due guerre, fino ai celeberrimi dipinti prodotti dagli anni '50 in poi." (Laura Larcan)

Tante le opere che mi sono piaciute: la montagna-aquila che abbraccia una finestra sul cui davanzale è appoggiato un nido, l'uccello-foglia divorato dalle larve, il ramo frondoso che non occulta la luna.
Qui risulta chiaro che non è con gli occhi che si vede, ma l'immagine viene riplasmata dal sistema nervoso, utilizzando le informazioni cristallizzate nei neuroni vicini.

Una realtà che risulta così diversa per ciascuno di noi.



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