sabato 23 ottobre 2010

Superbia


Il pensiero tradizionale colloca la superbia al primo posto e lo comprende come atteggiamento che falsifica la relazione con gli altri e con Dio.
Peccato di superbia è quello delle origini (peccato originale) che si ripete ogni qualvolta l’essere umano, uomo e donna, non riconosce il suo statuto di creatura e pretende di giocare a fare il Creatore.

La superbia (o, altrimenti detta, orgoglio, ambizione, arroganza) rinvia all’uomo: soltanto lui è dotato di consapevolezza e, quindi, di capacità di farsi un’immagine di sé più o meno lontana dalla verità: sovraestimazione di sé e sottoestimazione degli altri.

La superbia non è monopolio di nessuno, tutti ne posseggono una buona dose che conduce a misurare la propria eccellenza sulla presunta e pretesa inferiorità dell’altro, degli altri.

La superbia è antica e sempre attuale, può manifestarsi in molteplici maniere, ad es., nel cosiddetto carrierismo coltivato da quanti cercano una carica sociale non per servire alla causa comune, ma per ottenere potere, popolarità, prestigio.
Non ne sono esenti gli intellettuali di
professione (o gli insegnanti) che ambiscono farsi chiamare esperti e rivendicare con arroganza l’ultima parola.
Nelle forme più estreme s’identifica con il razzismo dai molteplici volti ed espressioni: gli altri sono considerati inferiori, individui e gruppi umani arretrati, culture selvagge.
Superba può essere la persona, ma anche la società.
Non è difficile constatare come le società occidentali manifestano, più o meno scopertamente, superiorità nei confronti di altri popoli e culture unicamente perché sono le più forti e le più ricche.

Il messaggio cristiano taglia alla radice la pianta viziosa della superbia, individuale e sociale, e la converte alla giusta direzione: «Ciascuno di voi consideri gli altri superiori a se stesso» (Fil 2,3).

Riconoscere la grandezza di sé è inseparabile dal riconoscere la grandezza dell’altro; la stima di sé è inseparabile dalla stima dell’altro.


La mia espulsione dell'altro giorno ha prodotto una valanga dirompente: scambio acceso di opinioni tra colleghi (leggasi litigata su più fronti), presa di posizione della dirigenza "attendista", classe come al solito disorientata a subire lo sfogo di tutti

Una bussola che ha perso il suo campo magnetico

Urge una rflessione comune sui vizi capitali che ci corrodono

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