martedì 6 aprile 2010

Pascal



L'uomo è solo una canna, la più fragile della natura; ma una canna che pensa.

Non occorre che l'universo si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d'acqua bastano ad ucciderlo.

Ma, quand'anche l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe sempre più nobile di quel che l'uccide, perchè sa di morire ed è conscio della superiorità che l'universo ha su di lui; l'universo non ne sa nulla.

Tutta la nostra dignità consiste, dunque, nel pensiero


Noi non ci atteniamo mai al tempo presente.
Anticipiamo il futuro come troppo lento a venire, come per affrettarne il corso; oppure ricordiamo il passato per fermarlo come troppo rapido; così imprudenti che erriamo nei tempi che non sono nostri, e non pensiamo affatto al solo che ci appartiene, e così vani, che riflettiamo su quelli che non sono più nulla, e fuggiamo senza riflettere quel solo che esiste. Il fatto è che il presente, di solito, ci ferisce.
Lo dissimuliamo alla nostra vista perché ci affligge; se invece per noi è piacevole, rimpiangiamo di vederlo fuggire.
Tentiamo di sostenerlo per mezzo dell'avvenire, e ci preoccupiamo di disporre le cose che non sono in nostro potere, per un tempo al quale non siamo affatto sicuri di arrivare.
Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre tutti occupati dal passato e dal futuro.
Il presente non è mai il nostro fine: il passato ed il presente sono i nostri mezzi, solamente il futuro è il nostro fine.

In questo modo non viviamo mai, ma speriamo di vivere; e, disponendoci sempre ad essere felici, è inevitabile che non lo siamo mai.



Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore.
I princìpi si sentono, le proposizioni si dimostrano, e il tutto con certezza, sebbene per differenti vie.
Ed è altrettanto inutile e ridicolo che la ragione domandi al cuore prove dei suoi primi princìpi, per darvi il proprio consenso, quanto sarebbe ridicolo che il cuore chiedesse alla ragione un sentimento di tutte le proposizioni che essa dimostra, per indursi ad accettarle.
Questa impotenza deve, dunque, servire solamente a umiliare la ragione, che vorrebbe tutto giudicare, e non a impugnare la nostra certezza, come se solo la ragione fosse capace d’istruirci.
Piacesse a Dio che, all’opposto, non ne avessimo mai bisogno e conoscessimo ogni cosa per istinto e per sentimento! Ma la natura ci ha ricusato un tal dono; essa, per contro, ci ha dato solo pochissime cognizioni di questa specie; tutte le altre si possono acquistare solo per mezzo del ragionamento.
Ecco perché coloro ai quali Dio ha dato la religione per sentimento del cuore sono ben fortunati e ben legittimamente persuasi.
Ma a coloro che non l’hanno, noi possiamo darla solo per mezzo del ragionamento, in attesa che Dio la doni loro per sentimento del cuore: senza di che la fede è puramente umana, e inutile per la salvezza.

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