lunedì 5 aprile 2010

Morte di Didone


Cercando un buon titolo per la domanda di sintesi da sottoporre ai ragazzi di quinta mi imbatto in un pezzo dell'Eneide.
Bello.
Chissà se leggendo coglieranno il suggerimento

Didone
mentre cerca di alzare gli occhi che non riuscivano
a stare aperti sviene; la ferita profonda
nel petto stride: Tre volte riuscì a levarsi sul gomito,
tre volte ricadde sul letto: nell'alto cielo cercò
con gli occhi erranti la luce, vedendola gemette.
Allora Giunone,
pietosa del suo lungo dolore
e della straziante agonia, mandò giù dall'Olimpo
Iride, che liberasse l'anima che lottava
invano per svincolarsi dai legami del corpo.
Poiché lei non moriva di giusta morte, decisa
dal Fato, ma anzitempo in un accesso d'ira,
Proserpina
non le aveva ancora strappato di testa
il biondo fatale capello e non aveva ancora
consacrato il suo capo all'Inferno e allo Stige.
La rugiadosa Iride con le sue penne di croco

brillanti contro sole di mille varii colori
volò attraverso il cielo e si fermò su di lei.
"Questo capello - disse - porto consacrato a Dite
per ordine divino, e ti sciolgo da queste
tue membra ". Con la destra strappò il capello: insieme
si spense il calore nel corpo, la vita svanì nel vento




Nessun commento: