domenica 22 febbraio 2009

Muzio Scevola


Continuiamo con la serie dei collegamenti impossibili.
Lezione pomeridiana con la descrizione del meccanismo alla base della trasmissione della sensazione del dolore. Ci soffermiamo sull'arco riflesso e sulla possibilità da parte del cervello di bloccare la risposta automatica.

Cito l'esempio di Muzio Scevola.

Sì, forse nell'ultimo angolino della memoria questo nome è già stato sentito dai miei interlocutori.

E' vero: la mia storia delle elementari sa più di leggenda che di critica storiografica.
Mi sorge però il dubbio che i miei alunni nè leggende nè critiche storiografiche hanno nella mente.
Li invito a documentarsi.

Muzio Scevola (Mucius Scaevola), il cui vero nome era Muzio Cordo, è il protagonista di una nota leggenda romana.

Si narra che nel 508 a.C., durante l'assedio di Roma da parte degli Etruschi comandati da Porsenna, proprio mentre nella città cominciavano a scarseggiare i viveri, un giovane aristocratico romano, Muzio Cordo, propose al Senato di uccidere il comandante etrusco.

Non appena ottenne l’autorizzazione, si infiltrò nelle linee nemiche e, armato di un pugnale, raggiunse l’accampamento di Porsenna, che stava distribuendo la paga ai soldati. Muzio attese che il suo bersaglio rimanesse solo e quindi lo pugnalò.

Ma sbagliò persona: aveva infatti assassinato lo scriba dell' etrusco.

Subito venne catturato dalle guardie del comandante, e, portato al cospetto di Porsenna, il giovane romano non esitò a dire: "Volevo uccidere te. La mia mano ha errato e ora la punisco per questo imperdonabile errore".

Così mise la sua mano destra in un braciere dove ardeva il fuoco dei sacrifici e non la tolse fino a che non fu completamente consumata.

Da quel giorno il coraggioso nobile romano avrebbe assunto il nome di Muzio Scevola (il mancino).

Porsenna rimase tanto impressionato da questo gesto, che decise di liberare il giovane.

1 commento:

Annarita ha detto...

Anna, come sono avvincenti i tuoi racconti!

Ti ringrazio per essere passata a commentare da me.

Un salutone.
annarita