mercoledì 2 marzo 2011

Il berretto a sonagli


Lunedì mattina accompagno la collega con la classe quinta a teatro

Teatro stabile Verona. Arcobaleno Teatro Varese
Commedia: Il Berretto a Sonagli

Regia: Silvia Donadoni


L'anno scorso avevo assistito alla Mandragola.

Trovo Pirandello molto meglio di Macchiavelli

Alcuni frammenti per riflettere

..............................

Ciampa: Non è questo, signora mia. Vuol che gliela spieghi io, la cosa com'è? Lo strumento è scordato.

Beatrice: Lo strumento? Che strumento?

Ciampa: La corda civile, signora. Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d'orologio in testa.

Con la mano destra chiusa come se tenesse tra l'indice e il pollice una chiavetta, fa l'atto di dare una mandata prima sulla tempia destra, poi in mezzo alla fronte, poi sulla tempia sinistra.

La seria, la civile, la pazza. Sopra tutto, dovendo vivere in società, ci serve la civile; per cui sta qua, in mezzo alla fronte. ‑ Ci mangeremmo tutti, signora mia, l'un l'altro, come tanti cani arrabbiati. ‑ Non si può. ‑ Io mi mangerei ‑ per modo d'esempio ‑ il signor Fifì. ‑ Non si può. E che faccio allora? Do una giratina così glla corda civile e gli vado innanzi con cera sorridente, la mano protesa: ‑ «Oh quanto m'è grato vedervi, caro il mio signor Fifì!». Capisce, signora? Ma può venire il momento che le acque s'intorbidano. E allora... allora io cerco, prima, di girare qua la corda seria, per chiarire, rimettere le cose a posto, dare le mie ragioni, dire quattro e quattr'otto, senza tante storie, quello che devo. Che se poi non mi riesce in nessun modo, sferro, signora, la corda pazza, perdo la vista degli occhi e non so più quello che faccio!

Fifì: Benissimo! benissimo! Bravo, Ciampa!

Ciampa: Lei, signora, in questo momento, mi perdoni, deve aver girato ben bene in sé ‑ per gli affari suoi ‑ (non voglio sapere) ‑ o la corda seria o la corda pazza, che le fanno dentro un brontolio di cento calabroni! Intanto, vorrebbe parlare con me con la corda civile. Che ne segue? Ne segue che le parole che le escono di bocca sono sì della corda civile, ma vengono fuori stonate. Mi spiego? Dia ascolto a me; la chiuda. Mandi via subito il signor Fifì...

Gli s'appressa.

La prego anch'io, signor Fifì: se ne vada.

Beatrice: Ma no, perché? Lasciatelo stare.

Fifì: Volete levarmi il piacere di starvi a sentire?

Ciampa (con intenzione): Perché lei, signora, qua ‑ permette? ‑ su la tempia destra, dovrebbe dare una giratina alla corda seria per parlare con me a quattr'occhi, seriamente: per il suo bene e per il mio!

Beatrice: Non sto mica parlando per ischerzo, io. Vi voglio appunto parlare seriamente.

Ciampa: Ah, e sta bene, allora. Eccomi qua. Badi però, signora, ‑ mi lasci dire questo soltanto ‑ badi che, chi non giri a tempo la corda seria, può avvenire che gli tocchi poi di girare, o di far girare agli altri la pazza: gliel'avverto.

Fifì: Mi pare che cominciate voi adesso, caro Ciampa, a parlare stonato.

Beatrice: Già, pare da un pezzo anche a me... Non capisco...

Ciampa: Chiedo perdono.

Secondo me manca almeno una corda, la corda del sentimento

Ciampa: Senza pensare a me?

Beatrice: Senza pensare a voi.

Ciampa: E che cos'ero io? Niente? Pietra d'affilare? Mi gettava a terra; mi prendeva così, con due dita, come uno strofinaccio qualunque; mi buttava in un canto, proprio come se non ci fosse da fare nessun conto di me... ‑ Ma voglio ammettere tutto, signora! voglio entrare nella sua coscienza, fino in fondo, e ammetter pure che lei non si sia fatto scrupolo di colpire anche me perché io ‑ secondo lei ‑ sapevo tutto e mi stavo zitto. È così? Mi risponda. È così?

Beatrice: Eh... poiché lo dite voi stesso... sì, è proprio così.

Ciampa: Ah! E allora, a uno che, ‑ poniamo ‑ è guercio, lei gli appende un cartellino alle spalle: ‑ «Popolo! È guercio!» ‑

Beatrice: Ma no... che c'entra!

Ciampa: Lasciamo il guercio di cui tutti si possono accorgere senza bisogno di cartellino. Lei deve provarmi che uno, uno solo, signora, in tutto il paese potesse sospettare di me quello che lei ha creduto! che uno, uno solo potesse venire a dirmi in faccia: ‑ «Ciampa, tu sei becco, e lo sai!».

Fifì (subito): Ma no! Ma chi? Ma nessuno!

Spanò (contemporaneamente): Ma a chi poteva venire in mente!

Assunta (contemporaneamente): Ma che dite, Ciampa!

Fana (contemporaneamente): Veramente a nessuno, Signore Iddio, in coscienza!

Ciampa (dominando le esclamazioni simultanee): Ma la signora potrebbe dire ‑ Se non lo sapevano gli altri, era noto a voi e tanto basta! ‑ È vero? è vero. Non lo neghi! Io ho bisogno della sua coscienza, signora: non del verbale. Dica: è vero?

Beatrice: È vero, sì.

Movimento di sorpresa dolorosa e d'intensa costernazione negli altri. Silenzio.

Ciampa (ferito, tentennando il capo): Ah, signora. ‑ Io ora parlo... non per me... parlo in generale... ‑ E che può saper lei, signora, perché uno, tante volte, ruba; perché uno, tante volte, ammazza; perché uno, tante volte ‑ poniamo, brutto, vecchio, povero ‑ per l'amore d'una donna che gli tiene il cuore stretto come in una morsa, ma che intanto non gli fa dire: ‑ ahi! ‑ che subito glielo spegne in bocca con un bacio, per cui questo povero vecchio si strugge e s'ubriaca ‑ che può saper lei, signora, con qual doglia in corpo, con quale supplizio questo vecchio può sottomettersi fino al punto di spartirsi l'amore di quella donna con un altro uomo ‑ ricco, giovane, bello ‑ specialmente se poi questa donna gli dà la soddisfazione che il padrone è lui e che le cose son fatte in modo che nessuno se ne potrà accorgere? ‑ Parlo in generale, badiamo! Non parlo per me! ‑ È come una piaga, questa, signora: una piaga vergognosa, nascosta. E lei che fa? stende la mano e la scopre così... pubblicamente? ‑ Lasciamo questo discorso, e veniamo a noi! ‑ Io, signora, sapevo che lei aveva sospetti su mia moglie e su suo marito. ‑ Gelosia! ‑ Chi non ne ha, quando si vuol bene? ‑ Compatisco anche i delitti, signora; si figuri se non avrei compatito lei per la gelosia! Ero venuto qua, jeri, apposta per farla parlare, per farla sfogare. ‑ Aveva un sospetto? ‑ Non glielo volevo levare! Perché so che codesti sospetti, più si vogliono levare, e più si raffermano! ‑ Se lei avesse parlato seriamente con me, io me ne sarei tornato a casa e avrei detto a mia moglie: ‑ «Pst! Fagotto, e via!». ‑ Oggi mi sarei presentato al signor cavaliere: ‑ «Signor cavaliere, bacio le mani: non posso star più con lei!». ‑ «Perché, caro Ciampa?» ‑ «Perché non posso star più con lei: ho altri affari.» ‑ Così si fa, signora mia! ‑ E perché crede che io le portai qua, jeri, mia moglie? Ma per farla scattare, signora, per farle scatenare dalla bocca tutta la tempesta che lei covava dentro! Glielo gridai finanche: ‑ «Parli! Parli! » ‑ E lei non volle dir niente! Volle gettarmi così a terra, assassinarmi... E che vuole che faccia io ora? Mi dica lei che cosa debbo fare! Tenermi questo sfregio? comperarmi una testiera con due bei pennacchi, per far la mia comparsa in paese? e tutti i ragazzini dietro, in baldoria, a gridarmi: ‑ Bèèè... Bèèè... ‑ e io, pacifico e sorridente, a ringraziare a destra e a sinistra?


Non sia mai che accecati da noi stessi trattiamo gli altri come pietra da affilare

Nessun commento: