domenica 27 febbraio 2011

L'alambicco


2011 Anno Internazionale della Chimica
Ricevo l'invito a dare opportuna eco alla pubblicazione de L'Alambicco - distillato di notizie su Chimica e società

Sfoglio la copia inviatami e riporto un racconto tratto da "Il nuovo che avanza" di Michele Serra perchè veramente ameno

Sono arrivati a sessantaquattro, Walter: sessantaquattro tipi diversi di dentifricio. Li ho ricontati poche settimane fa in due supermercati, nel terzo non ho avuto il cuore di entrare perché ero certo di trovarne degli altri mai visti. Due anni fa, ne sono sicuro, non erano più di quaranta. Degli shampoo è meglio non parlare, ho smesso di seguirli da un pezzo, propriocome i saponi, i deodoranti e le cere da pavimento. I medici dicono che devo calmarmi, non pensarci, riposare. Ma mentre io riposo, l’industria dei dentifrici moltiplica i suoi sforzi. Non ce la faccio più, Walter: vienimi a prendere, portami via.
Chiedevo solo che qualcuno dicesse: ecco, questo dentifricio va benissimo.
Non ne servono altri, smettetela di ingegnarvi, di provare,
di sperimentare.
Possiamo accontentarci.
Fermarci.
Per come è andato il mondo, per come hanno funzionato la storia, l’economia, la chimica, è questo qui, questo qui bianco con la scatola rossa, il dentifricio migliore. Non il migliore in assoluto: perché, trattandosi di dentifrici, non è questione di cercare l’assoluto.
Non servono parametri ideali, non è come Dio, la religione, la giustizia, l’amore, la società. Semplicemente non è più opportuno, e nemmeno decente, chiedersi se e come e perché potrebbe esistere un dentifricio diverso.
Mettiamo punto e occupiamoci di tutto il resto, dunque.[…]
Sapere che figli e nipoti, sentendosi la bocca pregna dello stesso sapore che noi conosciamo, potranno avere la soddisfazione di dirsi che prima di loro almeno una delle centomila cose da decidere era stata decisa una volta per sempre. Una, una sola, almeno quella. […]
Pensa che spreco di tempo: il tempo di chi passa metà della vita a trovare formule nuove, magari un genio che spendendosi altrove avrebbe trovato risposte a questioni più gravi; il tempo, moltiplicato per milioni di persone, di me che trascorro confuso davanti agli scaffali, cercando vanamente di decidere quale acquistare, quale usare, e non si riesce a chiuderla, chiuderla unavolta per tutte, questa inutile e maledetta partita.
Io non ho più tempo, Walter, non ho più vent’anni.
E i medici mi fanno dormire quasi tutto il giorno.
Chissà se riuscirò a rivederti presto.

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