lunedì 14 novembre 2011

Carso II

Trascrivo le leggende che più mi sono piaciute

Leggenda del Carso
Narra la leggenda che in principio il Carso era una terra verde e feconda, piena di prati , boschi e torrenti dalle fresche acque. 
Un giorno il buon Dio si accorse che, in un angolo della terra, c'era un grosso cumulo di sassi che danneggiava l'agricoltura e incaricò l'Arcangelo Gabriele di raccoglierli e gettarli in mare. 
Allora Gabriele riempì un pesante sacco e si diresse in volo verso l'Adriatico. 
Quando si trovò in prossimità del Carso il diavolo lo vide e incuriositosi bucò il sacco con le corna. 
Tutte quelle pietre si riversarono a terra e ridussero l'altopiano in una enorme pietraia. 

Però l'uomo tanti ne ha raccolto e i muretti a secco che bordano le strade ti danno l'impressione di viaggiare tra le campagne di cinquant'anni fa
Qua e là si stanno sgretolando, franano come franano i rilievi trattenuti dalle reti
Tra poco tempo si perderanno così come si sono persi i nostri
Un po' di malinconia



 
Leggenda della bora
Un tempo l’altopiano carsico era una terra felice abitata da poche famiglie di agricoltori e pastori che
conducevano una vita semplice. 
A quel tempo s’aggirava nei boschi e nei prati una bellissima creatura avvolta in una candida veste, una ninfa boschiva di nome Bora. 
Una mattina durante la solita passeggiata, Bora si ritrovò in una radura mai vista prima in cui s’ergeva un’immensa quercia. 
Subito comparve dall’albero un giovane dal maestoso portamento che si presentò come Taronis, potente divinità, il cui destino era legato agli uomini in quanto quest’ultimi erano in grado di cacciarla semplicemente abbattendo la sacra quercia.
L’amicizia tra i due giovani con il passare del tempo si trasformò in un amore che, nonostante il passare dei secoli, sembrva essere immutabile ed eterno. 
Il tempo trascorse anche per gli uomini che iniziarono a venerare altre divinità al posto di Taronis. 
Un anno, l’inverno fu così freddo e nevicò talmente tanto che Bora fu costretta a rimanere chiusa nella sua caverna e quindi non venne a sapere che gli uomini avevano abbattuto la sacra quercia e che Taronis, dopo aver invano invocato l’aiuto della sua amata, aiuto che ella, profondamente addormentata, non udì, se ne era andato.
Quando la bufera cessò, la ninfa corse immediatamente alla radura per incontrare il bel dio ma l’unica cosa che trovò fu il moncone del tronco della quercia. 
Iniziò a chiamare ed invocare Taronis ma comprese che se ne era andato via per sempre. 
Bora decise di sfogare la sua rabbia sugli uomini e scatenò una furia che nemmeno lei sapeva di possedere.
Il Carso non era più la terra felice di un tempo.
Sono passati millenni, ma ancora oggi, quando i violenti refoli soffiano nelle strade, secondo la leggenda si possono udire i disperati richiami di Bora.


Ieri non soffiava la bora
Il vento arava semplicemente il mare
Due gigantesche meduse circondate da una nuvola di pesciolini tra quei solchi

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