mercoledì 8 giugno 2011

Rain




La pioggia ha un vago segreto di tenerezza

una sonnolenza rassegnata e amabile,
una musica umile si sveglia con lei
e fa vibrare l'anima addormentata del paesaggio.

È un bacio azzurro che riceve la Terra,
il mito primitivo che si rinnova.
Il freddo contatto di cielo e terra vecchi
con una pace da lunghe sere.

È l'aurora del frutto. Quella che ci porta i fiori
e ci unge con lo spirito santo dei mari.
Quella che sparge la vita sui seminati
e nell'anima tristezza di ciò che non sappiamo.

La nostalgia terribile di una vita perduta,
il fatale sentimento di esser nati tardi,
o l'illusione inquieta di un domani impossibile
con l'inquietudine vicina del color della carne.

L'amore si sveglia nel grigio del suo ritmo,
il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue,
ma il nostro ottimismo si muta in tristezza
nel contemplare le gocce morte sui vetri.

E son le gocce: occhi d'infinito che guardano
il bianco infinito che le generò.

Ogni goccia di pioggia trema sul vetro sporco
e vi lascia divine ferite di diamante.
Sono poeti dell'acqua che hanno visto e meditano
ciò che la folla dei fiumi ignora.

O pioggia silenziosa; senza burrasca, senza vento,
pioggia tranquilla e serena di campani e di dolce luce,
pioggia buona e pacifica, vera pioggia,
quando amorosa e triste cadi sopra le cose!

O pioggia francescana che porti in ogni goccia
anime di fonti chiare e di umili sorgenti!
Quando scendi sui campi lentamente
le rose del mio petto apri con i tuoi suoni.

Il canto primitivo che dici al silenzio
e la storia sonora che racconti ai rami
il mio cuore deserto li commenta
in un nero e profondo pentagramma senza chiave.

La mia anima ha la tristezza della pioggia serena,
tristezza rassegnata di cosa irrealizzabile,
ho all'orizzonte una stella accesa
e il cuore mi impedisce di contemplarla.

O pioggia silenziosa che gli alberi amano
e sei al piano dolcezza emozionante:
da' all'anima le stesse nebbie e risonanze
che lasci nell'anima addormentata del paesaggio!

F G Lorca


Leggenda africana
Quando il mondo fu creato, la pioggia non esisteva.

Gli animali erano preoccupati e si riunirono a gruppi per invocare la pioggia lanciando le loro voci verso il cielo.
Prima provarono gli elefanti, coi loro barriti, poi gli ippopotami e poi i leoni, ma la pioggia non arrivava.
Poi toccò alle giraffe, e agli animali più piccoli: i fenicotteri, i conigli e i topi. Ancora niente. Per ultime toccava alle rane.
Tutti gli animali le implorarono di gridare verso il cielo il loro bisogno di acqua.
Le rane non aspettavano altro per mettersi a gracidare e così presero a cantare tutte insieme e il loro grido era talmente assordante e sgradevole che il cielo si stancò di sentirlo e si coprì di nubi per attutire quel suono.
Ma fu inutile: il gracidio penetrava attraverso la cortina di nubi e così il cielo pensò di affogare le rane per farle smettere una volta per tutte.
Mandò giù tanta di quella pioggia che le rane finalmente tacquero contente.

E da allora si credono padrone dell'acqua, perchè furono loro a far piovere, e vivono in ogni stagno nella melma, e continuano a gracidare per chiedere la pioggia.


Va bene tutto però adesso basta. Voglio rivedere il sole

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