domenica 9 agosto 2009

Passeggiata


Approfitto della mattinata nuvolosa per percorrere la spiaggia fino alla foce del Piave.

Il tempo e l’ora, sono le otto, permettono una visione rara: la spiaggia è quasi deserta; qua e là un bagnino e i soli amanti della corsa sulla battigia.

Cammina, cammina si alternano le sfilate di ombrelloni e dei lettini dai colori variopinti.

Sembrano truppe allineate: la zona gialla, la zona verde, la zona azzurra. Allineate e incatenate: mi fa sorridere pensare ai clienti che non possono spostare troppo il lettino, proprio come cani alla catena.

Arrivo nella zona della pineta: all’odore del mare si mescola il profumo della resina.

La vegetazione avanza alla conquista della spiaggia: ciuffi di erba pungente da calpestare a piedi nudi permettono la crescita poi di cespugli disordinati, non più verdi perchè incostrati dalla sabbia.
Qualcuno ha avuto la brillante idea di mettere a dimora una decina di palme che mostrano tutta la loro sofferenza: tra il ciuffo delle foglie completamente secche è però riuscita a spuntare una fronda nuova. La immagino resistere alla nebbia e alla bora che padroneggiano per lunghi mesi sul litorale.

La striscia di sabbia si restringe sempre di più, gli stabilimenti balneari lasciano il posto alla spiaggia libera.

Da una microscopica tenda sbuca un signore che deve avervi trascorso la notte, dai campeggi vicini qualcuno comincia a prender posto armato di ombrellone, seggiole, borse.

Ormai sono quasi alla foce: si vede l’altra sponda, la massicciata che sostiene l’argine, la fila delle casette di legno dei pescatori, le reti sollevate a mezz’aria.

E appare il bagnino più anomalo che abbia mai visto.
Prima osservazione: non è un baldo giovane palestrato in divisa regolamentare come quelli incontrati prima.
E’ piuttosto vecchio, credo più di me, indossa canottiera e pantaloncini spaiati e ha la testa bardata da una bandana di un rosso sbiadito. Sembra proprio un vecchio pirata, un abitante di monkey island.
Non raccoglie i rami spezzati o i rifiuti con la leziosa reticella dei suoi colleghi: si piega proprio quasi a terra, saltellando qua e là.
Davanti alla palafitta che permette lo sguardo sul mare ha messo un tavolino colmo degli oggetti più strani: c’è una civetta di ceramica alta 20-25 centimetri, una bambolina hawaiana, un tamburo, un pappagallo impagliato dai colori vivaci. Guardando meglio vedo sulla palafitta una scimmietta aggrappata al soffitto ma non capisco di che materiale sia fatta e un anemometro a forma di pesce spada.
Non ha la scintillante moto d’acqua per entrare in mare ma un motoscafo piuttosto scalcinato.
Da dietro una piccola duna quasi pesca dei lettini buttandoli in disordine qua e là e non ce n’è uno uguale all’altro. Potrebbe esserseli procurati raccattando gli scarti degli altri.

Potrei fermarmi per conversare ma data l’ora devo intraprendere il viaggio di ritorno, ritornare all’ordine e alla pulizia, nella spiaggia che nel frattempo si è ripopolata trasformandosi in una banalissima spiaggia dell’alto Adriatico.

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