giovedì 12 luglio 2012

Colui che non sa che non sa, io non so che farci

Cerco, pur sapendo che è un'impresa disperata, di mettere ordine un po' qua e un po' là

Sepolto sotto raccolte di francobolli impolverate, pezzi di compassi rotti, fermacapelli, fogli volanti non più identificabili, addirittura un lavoro sulla Repubblica di Platone preparato da Matteo credo una decina di anni fa, sbuca un librettino di Fiabe Africane.

Sono belle





Il Re e il Genio del Lago


C’era tanto tempo fa un re, che si vantava d’essere l’uomo più felice della terra.

Egli aveva vinto tutti i reami confinanti ed annesso molti paesi che pagavano tasse salate.

Tutto il mondo lo temeva, perché poteva contare su un esercito formidabile di terribili guerrieri.

Si credeva il signore dell’universo, il numero uno, perché, oltre a un potere sconfinato, aveva per moglie la donna più bella della terra e un figlio maschio che non era secondo a nessuno per intelligenza.

Ad ogni piè sospinto, egli ripeteva di non conoscere il significato della parola dolore.

Ora avvenne che il figlio un giorno cadde malato, restando immobile, come paralizzato in ogni parte del corpo.

Il re consultò i luminari della medicina, che visitarono il principe senza trovare un rimedio alla sua infermità.

Allora il sovrano convocò tutte le streghe del regno, ma nessun sortilegio ottenne la guarigione del fanciullo.

Tutto il popolo fu mobilitato per pregare il cielo di aiutare il principe: riti religiosi si svolsero nei boschi sacri, furono invocati gli spiriti degli antenati.

Il re decise infine di fare il giro del mondo in compagnia di uomini sapienti, nella speranza di incontrare qualcuno che potesse aiutarlo.

Spese una fortuna in queste ricerche. Perse l’appetito e il sonno: per la prima volta in vita sua seppe cosa vuol dire soffrire. Non rideva più, preferiva la solitudine, si disinteressava di tutto e di tutti.

Quanto alla regina, non usciva più dalle sue stanze e non ascoltava più i concerti quotidiani dei cantori del palazzo, che sempre le avevano procurato gran piacere con le loro meravigliose melodie.

La regina restava ore e ore al capezzale del figlio, raccontandogli storie, con la speranza di procurargli sollievo e farlo sorridere.

Così la vita di corte era divenuta triste e lugubre.

Una sera, a buio, una vecchia si presentò alla porta del palazzo reale, dicendo: “Sono venuta perché so chi può far guarire il principe cadetto”.

Ebbe immediata udienza dal re a cui confidò: “Nelle notti di plenilunio, un uomo che non appartiene né alla terra, né al cielo si tuffa nelle acque del lago che si trova nel parco della reggia”.

Costui è un Genio! Non è un mio suddito e non posso impartirgli ordini” esclamò affranto il re.

La vecchia suggerì: “Nel tuo regno si produce un ottimo miele. Fallo fermentare e diventerà una forte grappa che, versata nell’acqua del lago, lo trasformerà in un inebriante idromele. Il Genio lo inalerà dal naso e si addormenterà. Al suo risveglio i soldati lo inviteranno a venire a corte, per offrire i suoi consigli.”

Detto fatto, il re ordinò a tre suoi soldati fidati di preparare un nascondiglio sulla riva del lago e di mettersi di posta.

La notte di plenilunio, il Genio si tuffò e scoprì nell’acqua un sapore dolce che non aveva mai sentito. Chiuse gli occhi e sorbì questa bevanda squisita, finchè non si addormentò profondamente.

Alle prime luce del mattino il Genio si sveglio, trovandosi circondato da tre grandi guerrieri.

“Niente paura” lo rassicurarono gli uomini armati “Il nostro re ha bisogno di te: il suo unico figlio si è ammalato e solo la tua sapienza può indicare la via giusta per salvarlo.”

Il Genio scoppiò a ridere, tuttavia seguì quei guerrieri senza far motto.

Cammin facendo, incontrarono un uomo appoggiato al tronco di un albero, che prediceva la fortuna a chi gli dava una moneta d’elemosina.

A quella vista il Genio proruppe in una grande risata.

Arrivati che furono al Palazzo, il Genio fu ricevuto dal re nella camera dove giaceva il figlio ammalato.

Anche stavolta il Genio non potè trattenere una fragorosa risata, ma poi, assunta un’aria seria, dichiarò al sovrano: “Sono pronto a guarire il ragazzo, a patto che il primo ministro, la Regina e tu stesso, abbiate il coraggio di confessare una verità nascosta nel vostro cuore, che in pubblico non potrebbe mai essere detta.” Il re fece venire il primo ministro il quale, informato di quel che doveva fare, dopo un attimo di esitazione, rese noto un suo recondito pensiero: “Maestà, sotto sotto ho desiderato che vostro figlio restasse infermo per sempre, al fine di mantenere il potere che ho oggi e di succedervi un domani.”

“Ah, è proprio vero che il sogni di tutti i secondi è quello di diventare primi!” sospirò il Genio. “Per questo sono pronti a tutto”.

Era la volta della Regina.

La Regine si volse verso il marito e gli disse: “Tu mi regali collane e pietre preziose, certamente cerchi di compiacermi, ma le tue poche forze non bastano a rendermi felice. La verità è che io non sono innamorata di te.”

“Una confessione così dolorosa e profonda, non me l’aspettavo” pensò il genio turbato.

Ma ciò che dichiarò il re fu ancora più devastante: “Genio, io avevo un fratello maggiore che non sapeva nuotare. Un giorno l’ho affogato nel lago e ho fatto accusare degli innocenti. In tal modo restai l’unico erede del regno di mio padre”.

Il Genio riflettè che questa ammissione di colpa non poteva certo essere resa nota davanti a nessuno.

“Ora che avete liberato il vostro cuore da codesti pesanti fardelli, io posso guarire il principino!” annunciò il Genio.

E subito ordinò di tirare il collo ad una gallina nera che zampettava proprio nella camera del ragazzo ammalato e di fargliela mangiare.

Appena l’ordine del Genio fu soddisfatto, il piccolo infermo riprese l’uso delle mani e dei piedi.

Fu allora organizzata una grande festa e il Genio fu pubblicamente ringraziato e onorato.

Mentre lo riaccompagnavano fuori dal palazzo, i soldati della scorta chiesero al Genio il motivo di quelle tre risate, a cui lui si era lasciato andare.

Ed egli rispose così: “Quando sono uscito dal lago, mi sono divertito a pensare che gli uomini ritengono che ci siano alcuni, come i Geni, che sanno tutto. Invece, io non mi sono nemmeno accorto della grappa che mi ha inebetito: altrimenti avrei rinunciato a quel bagno. Dopodichè, lungo la strada, ho trovato l’uomo che prediceva ai passanti il modo di arricchirsi e non sapeva che proprio sotto i suoi piedi c’è nascosto uno scrigno pieno di monete d’oro. Risi perciò al pensiero che c’è chi parla di cose di cui non sa nulla. Infine, appena entrato nella camera del principe, ho visto la gallina nera rimpiattarsi sotto il letto.

Il vostro re ha speso una fortuna per salvare il figlio, mentre il rimedio l’aveva proprio a portata di mano. Ho riso dunque della gente che cerca lontano la felicità, senza rendersi conto che ce l’ha in casa”:

Intanto erano arrivati sulla riva del lago. Il genio si tuffò e prima di scomparire alla vista, intonò questa canzone:


Colui che sa qualcosa, deve farla conoscere

Colui che sa di non sapere, avrà l’occasione di sapere.

Colui che non sa di sapere, deve essere incoraggiato, perché non ha fiducia in se stesso.

Colui che non sa che non sa, io non so che farci ……

 

2 commenti:

Cassa ha detto...

Che lavoro ho fatto sulla Repubblica?

Anna Maria Rossi ha detto...

non l'ho letto, erano un sacco di fogli e probabilmente sono finiti nella carta da riciclare