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giovedì 12 luglio 2012

Colui che non sa che non sa, io non so che farci

Cerco, pur sapendo che è un'impresa disperata, di mettere ordine un po' qua e un po' là

Sepolto sotto raccolte di francobolli impolverate, pezzi di compassi rotti, fermacapelli, fogli volanti non più identificabili, addirittura un lavoro sulla Repubblica di Platone preparato da Matteo credo una decina di anni fa, sbuca un librettino di Fiabe Africane.

Sono belle





Il Re e il Genio del Lago


C’era tanto tempo fa un re, che si vantava d’essere l’uomo più felice della terra.

Egli aveva vinto tutti i reami confinanti ed annesso molti paesi che pagavano tasse salate.

Tutto il mondo lo temeva, perché poteva contare su un esercito formidabile di terribili guerrieri.

Si credeva il signore dell’universo, il numero uno, perché, oltre a un potere sconfinato, aveva per moglie la donna più bella della terra e un figlio maschio che non era secondo a nessuno per intelligenza.

Ad ogni piè sospinto, egli ripeteva di non conoscere il significato della parola dolore.

Ora avvenne che il figlio un giorno cadde malato, restando immobile, come paralizzato in ogni parte del corpo.

Il re consultò i luminari della medicina, che visitarono il principe senza trovare un rimedio alla sua infermità.

Allora il sovrano convocò tutte le streghe del regno, ma nessun sortilegio ottenne la guarigione del fanciullo.

Tutto il popolo fu mobilitato per pregare il cielo di aiutare il principe: riti religiosi si svolsero nei boschi sacri, furono invocati gli spiriti degli antenati.

Il re decise infine di fare il giro del mondo in compagnia di uomini sapienti, nella speranza di incontrare qualcuno che potesse aiutarlo.

Spese una fortuna in queste ricerche. Perse l’appetito e il sonno: per la prima volta in vita sua seppe cosa vuol dire soffrire. Non rideva più, preferiva la solitudine, si disinteressava di tutto e di tutti.

Quanto alla regina, non usciva più dalle sue stanze e non ascoltava più i concerti quotidiani dei cantori del palazzo, che sempre le avevano procurato gran piacere con le loro meravigliose melodie.

La regina restava ore e ore al capezzale del figlio, raccontandogli storie, con la speranza di procurargli sollievo e farlo sorridere.

Così la vita di corte era divenuta triste e lugubre.

Una sera, a buio, una vecchia si presentò alla porta del palazzo reale, dicendo: “Sono venuta perché so chi può far guarire il principe cadetto”.

Ebbe immediata udienza dal re a cui confidò: “Nelle notti di plenilunio, un uomo che non appartiene né alla terra, né al cielo si tuffa nelle acque del lago che si trova nel parco della reggia”.

Costui è un Genio! Non è un mio suddito e non posso impartirgli ordini” esclamò affranto il re.

La vecchia suggerì: “Nel tuo regno si produce un ottimo miele. Fallo fermentare e diventerà una forte grappa che, versata nell’acqua del lago, lo trasformerà in un inebriante idromele. Il Genio lo inalerà dal naso e si addormenterà. Al suo risveglio i soldati lo inviteranno a venire a corte, per offrire i suoi consigli.”

Detto fatto, il re ordinò a tre suoi soldati fidati di preparare un nascondiglio sulla riva del lago e di mettersi di posta.

La notte di plenilunio, il Genio si tuffò e scoprì nell’acqua un sapore dolce che non aveva mai sentito. Chiuse gli occhi e sorbì questa bevanda squisita, finchè non si addormentò profondamente.

Alle prime luce del mattino il Genio si sveglio, trovandosi circondato da tre grandi guerrieri.

“Niente paura” lo rassicurarono gli uomini armati “Il nostro re ha bisogno di te: il suo unico figlio si è ammalato e solo la tua sapienza può indicare la via giusta per salvarlo.”

Il Genio scoppiò a ridere, tuttavia seguì quei guerrieri senza far motto.

Cammin facendo, incontrarono un uomo appoggiato al tronco di un albero, che prediceva la fortuna a chi gli dava una moneta d’elemosina.

A quella vista il Genio proruppe in una grande risata.

Arrivati che furono al Palazzo, il Genio fu ricevuto dal re nella camera dove giaceva il figlio ammalato.

Anche stavolta il Genio non potè trattenere una fragorosa risata, ma poi, assunta un’aria seria, dichiarò al sovrano: “Sono pronto a guarire il ragazzo, a patto che il primo ministro, la Regina e tu stesso, abbiate il coraggio di confessare una verità nascosta nel vostro cuore, che in pubblico non potrebbe mai essere detta.” Il re fece venire il primo ministro il quale, informato di quel che doveva fare, dopo un attimo di esitazione, rese noto un suo recondito pensiero: “Maestà, sotto sotto ho desiderato che vostro figlio restasse infermo per sempre, al fine di mantenere il potere che ho oggi e di succedervi un domani.”

“Ah, è proprio vero che il sogni di tutti i secondi è quello di diventare primi!” sospirò il Genio. “Per questo sono pronti a tutto”.

Era la volta della Regina.

La Regine si volse verso il marito e gli disse: “Tu mi regali collane e pietre preziose, certamente cerchi di compiacermi, ma le tue poche forze non bastano a rendermi felice. La verità è che io non sono innamorata di te.”

“Una confessione così dolorosa e profonda, non me l’aspettavo” pensò il genio turbato.

Ma ciò che dichiarò il re fu ancora più devastante: “Genio, io avevo un fratello maggiore che non sapeva nuotare. Un giorno l’ho affogato nel lago e ho fatto accusare degli innocenti. In tal modo restai l’unico erede del regno di mio padre”.

Il Genio riflettè che questa ammissione di colpa non poteva certo essere resa nota davanti a nessuno.

“Ora che avete liberato il vostro cuore da codesti pesanti fardelli, io posso guarire il principino!” annunciò il Genio.

E subito ordinò di tirare il collo ad una gallina nera che zampettava proprio nella camera del ragazzo ammalato e di fargliela mangiare.

Appena l’ordine del Genio fu soddisfatto, il piccolo infermo riprese l’uso delle mani e dei piedi.

Fu allora organizzata una grande festa e il Genio fu pubblicamente ringraziato e onorato.

Mentre lo riaccompagnavano fuori dal palazzo, i soldati della scorta chiesero al Genio il motivo di quelle tre risate, a cui lui si era lasciato andare.

Ed egli rispose così: “Quando sono uscito dal lago, mi sono divertito a pensare che gli uomini ritengono che ci siano alcuni, come i Geni, che sanno tutto. Invece, io non mi sono nemmeno accorto della grappa che mi ha inebetito: altrimenti avrei rinunciato a quel bagno. Dopodichè, lungo la strada, ho trovato l’uomo che prediceva ai passanti il modo di arricchirsi e non sapeva che proprio sotto i suoi piedi c’è nascosto uno scrigno pieno di monete d’oro. Risi perciò al pensiero che c’è chi parla di cose di cui non sa nulla. Infine, appena entrato nella camera del principe, ho visto la gallina nera rimpiattarsi sotto il letto.

Il vostro re ha speso una fortuna per salvare il figlio, mentre il rimedio l’aveva proprio a portata di mano. Ho riso dunque della gente che cerca lontano la felicità, senza rendersi conto che ce l’ha in casa”:

Intanto erano arrivati sulla riva del lago. Il genio si tuffò e prima di scomparire alla vista, intonò questa canzone:


Colui che sa qualcosa, deve farla conoscere

Colui che sa di non sapere, avrà l’occasione di sapere.

Colui che non sa di sapere, deve essere incoraggiato, perché non ha fiducia in se stesso.

Colui che non sa che non sa, io non so che farci ……

 

mercoledì 9 maggio 2012

Donka


Chiusura della stagione teatrale

Un sogno. La rappresentazione di un sogno

I colori, le scene, le musiche, le danze, i voli

Una coreografia resa favola

mercoledì 7 marzo 2012

Supporto Buongiorno

E' un indirizzo che dovrò passare al collega che si occupa della gestione della rete a scuola, perennemente assalito da noi docenti alle prese con il funzionamento dei pc presenti nelle aule

Estremamente paziente, l'ho visto poche volte innervosirsi anche di fronte alle richieste più strampalate

Poichè tutto ha un limite non so se solo per spaventarci o perchè veramente determinato ha dichiarato chiederà trasferimento per l'anno prossimo, così finalmente ci arrangeremo.







Diventeremo così i nuovi clienti del Supporto Buongiorno

sabato 25 febbraio 2012

Cuccia



Paese che vai, cuccia che trovi

venerdì 10 febbraio 2012

giovedì 2 febbraio 2012

Neve, neve, neve







Già il titolo è tutto un programma.


Il vento sta facendo cadere dai rami tutta la neve accumulata che la bassa temperatura ha cristallizzato

Una cascata di zucchero a velo e poi tutto ritorna immobile.

Il bagliore di un sole che non trova il suo sfondo celeste.

Trascrivo la mail ricevuta per un sorriso più deciso


Meditate gente meditate...
Tutti conoscono il Teorema del Salario (TdS), secondo il quale risulta che gli ingegneri e gli scienziati non potranno MAI guadagnare tanto quanto gli uomini d`affari Questo teorema puo` essere dimostrato con la risoluzione di una semplice equazione matematica.

Dimostrazione.
L`equazione si basa su 2 assiomi noti a tutti:
Assioma n. 1: La Conoscenza è Potenza;
Assioma n. 2: Il Tempo è Denaro.

Tutti gli ingegneri e gli scienziati sanno che:
Potenza = Lavoro / Tempo
Applicando quindi gli assiomi 1 e 2, abbiamo dunque con una semplice sostituzione:
Conoscenza = Lavoro / Denaro
Otteniamo dunque facilmente che:
Denaro = Lavoro / Conoscenza

Quindi, con delle semplici argomentazioni di analisi matematica si ottiene che:
- se la Conoscenza tende a zero, il Denaro tende verso infinito, qualunque sia la quantità di Lavoro, anche se molto piccola;
- viceversa, quando la Conoscenza tende verso infinito, il Denaro tende a zero anche se il Lavoro è molto elevato.

Conclusioni.
La conclusione è evidente: meno conoscete e più guadagnerete. Se avete avuto qualche difficoltà di comprensione, ci sono delle buone possibilità che prima o poi facciate molta grana.
Se avete capito tutto, siete fregati.

sabato 7 gennaio 2012

Vacanze finite

Tentativo fallito


 


mercoledì 14 dicembre 2011

mercoledì 7 dicembre 2011

Luna




Ogni anno la battaglia per sfatare le leggende

Nè lupi mannari, nè capelli che crescono più o meno in fretta, nè semine, nè imbottigliamenti, nè nascite concentrate
Il massimo che concedo sono le forze di marea
Probabilmente agli astanti restano ben salde le proprie convinzioni

Tra i tanti racconti ne scelgo due: il primo cinese, il secondo indiano



Il Signore dell'Eternità donò il Sole al Giorno, perché lo illuminasse con la sua luce, facesse maturare i frutti della terra e ricompensasse le fatiche degli uomini...

La Notte si offese, lei non ricevette nulla, e rimase tristemente avvolta dall'oscurità. Ma il gigante Ti-Nu volle consolarla: affondò le sue mani invulnerabili nel molle corpo del sole e ne staccò una porzione tondeggiante, poi la avvolse in una nuvola, per portarla alla Notte. Improvvisamente un cane rabbioso si avventò su di lui: per difendersi, il gigante Ti-Nu fuggì in tutta fretta. Ma la nuvola che avvolgeva la porzione di sole da donare alla Notte era piena di fenditure e, nella fuga, il suo prezioso contenuto fuoriusciva. Ti-Nu, ignaro, continuò a correre e non si accorse di spargere intorno a sè scintille luminose, di seminare fiorellini incandescenti. Corse così velocemente che inciampò nel secchio dove era stato versato il latte argenteo di una capra sacra : quella piccola porzione di sole che non si era dispersa nella fuga vi cadde dentro, e perse la sua luminosità.

Il gigante Ti-Nu si disperò. Il cane rabbioso continuò ad inseguirlo, Ti-Nu continuò a correre per fuggire, e, tutt'oggi, ancora corre e non sa di aver creato il firmamento, con le stelle scintillanti e la pallida luna, protettrice dei sogni. 




In una calda notte di luglio di tanto tempo fa un lupo, seduto sulla cima di un monte, ululava a più non posso.

In cielo splendeva una sottile falce di luna che ogni tanto giocava a nascondersi dietro soffici trine di nuvole, o danzava tra esse, armoniosa e lieve.

Gli ululati del lupo erano lunghi, ripetuti, disperati. In breve arrivarono fino all’argentea regina della notte che, alquanto infastidita da tutto quel baccano, gli chiese:

- Cos’hai da urlare tanto? Perché non la smetti almeno per un po’?-

- Ho perso uno dei miei figli, il lupacchiotto più piccolo della mia cucciolata. Sono disperato… aiutami! - rispose il lupo.

La luna, allora, cominciò lentamente a gonfiarsi. E si gonfio, si gonfiò, si gonfiò, fino a diventare una grossa, luminosissima palla.

- Guarda se riesci ora a ritrovare il tuo lupacchiotto - disse, dolcemente partecipe, al lupo in pena.

Il piccolo fu trovato, tremante di freddo e di paura, sull’orlo di un precipizio. Con un gran balzo il padre afferrò il figlio, lo strinse forte forte a sé e, felice ed emozionato, ma non senza aver mille e mille volte ringraziato la luna. Poi sparì tra il folto della vegetazione.

Per premiare la bontà della luna, le fate dei boschi le fecero un bellissimo regalo: ogni trenta giorni può ridiventare tonda, grossa, luminosa, e i cuccioli del mondo intero, alzando nella notte gli occhi al cielo, possono ammirarla in tutto il suo splendore.


I lupi lo sanno… E ululano festosi alla luna piena.

mercoledì 16 novembre 2011

Viaggio

Sempre preziosi i suggerimenti di Annarita Ruberto


martedì 15 novembre 2011

Fitosanitari



Per poter acquistare e gestire in modo appropriato i prodotti più o meno tossici che si usano in agricoltura è necessario essere muniti dell'apposita autorizzazione conseguibile, in mancanza di titoli, dopo la frequenza di adeguato corso di formazione e prova d'esame finale.

E fu così che cinque anni fa mi imbarcai anche in questa impresa.

Mai acquistato un bel nulla da allora ad oggi

Ma perchè lasciar perdere tale preziosa acquisizione?
Ed è così che, scaduto il patentino, mi rimetto a seguire il corso per poterlo rinnovare.
Forte dell'esperienza precedente ci riducono la frequenza a due soli incontri. 
Nessun sconto per l'esame che si dovrà rifare

Son passati cinque anni ma non mi sembra sia cambiato nulla.
La dispensa è ancora la stessa.
La sala è ancora la stessa: gli stessi animali impagliati che ci osservano dalle vetrinette o dall'alto degli armadi (marmotte, rapaci, un'upupa, altri volatili non meglio identificati perchè sono seduta un po' lontana, un'oca enorme, un sacco di scalpi con relative corna attaccate)
Il relatore chissà se è lo stesso
I compagni di corso, una cinquantina di persone, dovrebbero esserlo, ma mi sembra di non averle mai viste
Salvo quando qualcuno petulante interviene e mi ricordo benissimo gli stessi noiosi, polemici, insensati interventi della volta precedente
Brontolamenti prolungati per l'esser obbligati di nuovo a impiegar ore per formalità che ritengono praticamente inutili, scetticismo acuto quando il relatore si lancia in una campagna a favore delle acque distribuite dal servizio pubblico o alla difesa dei farmaci generici ( riconosco che gli interventi non siano proprio a tema ma assomiglia tanto a me, il nostro istruttore, quando faccio lezione e non perdo occasione di tener un mezzo comizio), richieste a volte arroganti sui cetrioli infettati da non si sa che e di cui non si parla più, sulla commercializzazione di prodotti fitosanitari a sospetta cancerogenicità o sulle merci provenienti dalla Cina e trattati con chissà quali veleni, come se il povero avesse in tasca tutte le risposte.

Oltre a me c'è un'unica signora la quale è venuta per far compagnia al marito.
Probabilmente di imprenditrici agricole desiderose di comperare fitosanitari ce ne sono in giro poche.

Leggo velocemente le 120 domande stile quiz patente a cui dovrò rispondere, giusto per focalizzare che dovrò almeno ripassare perchè non mi ricordo granchè.
Per fortuna alcune sono così ovvie che fanno sorridere:
"Il titolare del patentino può regalare ad altre persone prodotti fitosanitari molto tossici, tossici e nocivi?"
"Gli imballaggi dei prodotti fitosanitari possono essere usati per altri scopi?"
"Gli operatori agricoli possono usare prodotti revocati?"

Per altre bisognerà invece riguardarsi il tutto
"Con quali colori è contrassegnato un filtro combinato per polveri e vapori organici?"
"Cosa si intende per lotta integrata?"
"A quanti metri si riferisce il divieto legale d'impiego dei prodotti fitosanitari in aree di rispetto intorno a pozzi o sorgenti di acque destinate al consumo umano?"
Ovviamente nessun metro è la risposta sicuramente sbagliata, ma tra cinquanta e duecento scelgo in base al principio che la sicurezza non è mai troppa?



Se tutta la faccenda non mi divertisse, non l'avrei nemmeno cominciata

lunedì 14 novembre 2011

Carso II

Trascrivo le leggende che più mi sono piaciute

Leggenda del Carso
Narra la leggenda che in principio il Carso era una terra verde e feconda, piena di prati , boschi e torrenti dalle fresche acque. 
Un giorno il buon Dio si accorse che, in un angolo della terra, c'era un grosso cumulo di sassi che danneggiava l'agricoltura e incaricò l'Arcangelo Gabriele di raccoglierli e gettarli in mare. 
Allora Gabriele riempì un pesante sacco e si diresse in volo verso l'Adriatico. 
Quando si trovò in prossimità del Carso il diavolo lo vide e incuriositosi bucò il sacco con le corna. 
Tutte quelle pietre si riversarono a terra e ridussero l'altopiano in una enorme pietraia. 

Però l'uomo tanti ne ha raccolto e i muretti a secco che bordano le strade ti danno l'impressione di viaggiare tra le campagne di cinquant'anni fa
Qua e là si stanno sgretolando, franano come franano i rilievi trattenuti dalle reti
Tra poco tempo si perderanno così come si sono persi i nostri
Un po' di malinconia



 
Leggenda della bora
Un tempo l’altopiano carsico era una terra felice abitata da poche famiglie di agricoltori e pastori che
conducevano una vita semplice. 
A quel tempo s’aggirava nei boschi e nei prati una bellissima creatura avvolta in una candida veste, una ninfa boschiva di nome Bora. 
Una mattina durante la solita passeggiata, Bora si ritrovò in una radura mai vista prima in cui s’ergeva un’immensa quercia. 
Subito comparve dall’albero un giovane dal maestoso portamento che si presentò come Taronis, potente divinità, il cui destino era legato agli uomini in quanto quest’ultimi erano in grado di cacciarla semplicemente abbattendo la sacra quercia.
L’amicizia tra i due giovani con il passare del tempo si trasformò in un amore che, nonostante il passare dei secoli, sembrva essere immutabile ed eterno. 
Il tempo trascorse anche per gli uomini che iniziarono a venerare altre divinità al posto di Taronis. 
Un anno, l’inverno fu così freddo e nevicò talmente tanto che Bora fu costretta a rimanere chiusa nella sua caverna e quindi non venne a sapere che gli uomini avevano abbattuto la sacra quercia e che Taronis, dopo aver invano invocato l’aiuto della sua amata, aiuto che ella, profondamente addormentata, non udì, se ne era andato.
Quando la bufera cessò, la ninfa corse immediatamente alla radura per incontrare il bel dio ma l’unica cosa che trovò fu il moncone del tronco della quercia. 
Iniziò a chiamare ed invocare Taronis ma comprese che se ne era andato via per sempre. 
Bora decise di sfogare la sua rabbia sugli uomini e scatenò una furia che nemmeno lei sapeva di possedere.
Il Carso non era più la terra felice di un tempo.
Sono passati millenni, ma ancora oggi, quando i violenti refoli soffiano nelle strade, secondo la leggenda si possono udire i disperati richiami di Bora.


Ieri non soffiava la bora
Il vento arava semplicemente il mare
Due gigantesche meduse circondate da una nuvola di pesciolini tra quei solchi

giovedì 3 novembre 2011

1-2-3 stella


Un invito a chi ama giocare con l'astronomia: link a "mettiti alla prova"

mercoledì 2 novembre 2011

Anno Internazionale della Chimica


Ricevo Federchimica News 4/2011 e trascrivo:

Anno internazionale della chimica...dei paperi!

19 ott 2011
Qui Quo e Qua hanno un compito noioso: devono fare una ricerca sulla chimica. in occasione del 2011, Anno Internazionale della Chimica.
 Per fortuna vengono a sapere, attraverso racconti suggestivi, che i loro antenati paperi hanno avuto un ruolo importantissimo nelle storiche scoperte della chimica.
In questo modo scoprono non solo il ruolo importante dei paperi, ma soprattutto l'importanza fondamentale della chmica come scienza, attraverso la quale l'uomo ha potuto raggiungere traguardi che oggi diamo per scontati, ma che - anche sono poco tempo fa, sarebbero stati impensabili...
Questa è la storia che si legge sul numero di Topolino di questa settimana.
Non è nostra abitudine parlare delle iniziative di altri giornali, ma il modo fresco, accattivante eppure rigoroso, scelto da leggendario giornalino di fumetti ci sembra davvero esemplare di come la chimica possa essere creativa e interessante, per i grandi così come per i piccoli.
Grazie a Topolino per la bella trovata!


Penso: è un po' che non compero più il fumetto, potrebbe essere l'occasione giusta

Guardo la data

Se le notizie fossero più tempestive forse sarebbe meglio




sabato 29 ottobre 2011

Pazzie

A volte perchè le conoscenze verranno dopo, a volte perchè si è tendenzialmente pazzi


Following its discovery by Marie and Pierre Curie in 1898, radium was recognized as useful in the treatment of cancer, and the world became suddenly obsessed with this exciting element.
During the ‘radium craze’ of the 1920s, people exploited its ‘health benefits’ in radium spas, and its marketing power with brands like ‘radium’ shoe polish and razor blades. 
The Revigator water jar, lined with uranium ore which would release radium and radon as it decayed, promised a healthy glow but delivered less-than-healthy arsenic, lead, vanadium, and uranium.









Anche noi in Italia, come descritto nel seguente post
http://theitalianvintageadvertisements.blogspot.com/2011/01/lacqua-radioattiva.html, 
abbiam fatto la nostra parte




















Carbon exists in such different forms as diamond and graphite. 
It is also the element that makes life possible. 
The connection between organic and mineral carbon is made clear in this diamond, which has been artificially made from carbon recovered from the ashes of a 68 year old man from Florida. 
LifeGem make this unique brand of jewellery by capturing and purifying the carbon from a person’s cremated remains, then replicating the extreme heats and temperatures of deep within the earth to create a rough diamond that, when cut, resembles a naturally formed diamond.


domenica 23 ottobre 2011

Età


È vero, il mondo è tutto un palcoscenico
sul quale tutti noi, uomini e donne
siam solo attori, con le nostre uscite
e con le nostre entrate; ove ciascuno,
per il tempo che gli è stato assegnato,
recita molte parti,
e gli atti sono le sue sette età:
prima, il neonato che vagisce e sbava
in braccio alla nutrice;
poi, il piagnucoloso scolaretto
che con la sua cartella sotto il braccio
e con la faccia lustra e mattiniera
si trascina alla scuola
di malavoglia, a passo di lumaca;
poi viene il giovincello innamorato,
sempre in sospiri come una fornace,
che ha scritto una ballata malinconica
in lode delle belle sopracciglia
della sua bella; poi viene il soldato,
la bocca piena di strane bestemmie,
la barba da sembrare un leopardo,
sofistico sul punto dell’onore,
impulsivo, rissoso, attaccabrighe,
sempre in cerca di quella bolla d’aria
ch’è la gloria, disposto ad acciuffarla
magari sulla bocca d’un cannone.
Poi viene, quinta età, magistrato,
con la sua bella pancia rotondetta
ben farcita di carne di cappone,
l’occhio severo e la barba aggiustata
come vuole la regola civile,
sempre pieno di massime assennate
e citazioni di luoghi comuni;
la sesta età si porta lentamente
verso l’allampanato Pantalone,
pantofole alle piante, occhiali al naso,
la borsa appesa al fianco; le sue braghe,
le stesse che portava ancor da giovane,
seppur perfettamente conservate,
divenute ormai fin troppo larghe
per i suoi stinchi troppo rinsecchiti;
il vocione virile d’una volta
ridotto ad un falsetto da bambino,
uno suono fesso, tutto fischi e sibili.
Infine l’ultimo atto, la vecchiaia,
che conclude questa curiosa storia
così piena di strani accadimenti,
l’età chiama la seconda infanzia,
l’età del puro oblio: senza più denti,
senza più vista, gusto, senza tutto.
Come vi piace
W. Shakespeare

mercoledì 20 luglio 2011

Piani d'Erna

In una giornata che sembra scalzata da un salto spazio-temporale dall'autunno a metà luglio, sfidando il vento, rischiando la neve, i miei quattro partono per i Piani d'Erna.


Al ritorno, fradici, mi portano in regalo il questionario del percorso ecorunning


Alcune domande
Fra i fiori dei piani d'Erna è utilizzato in cucina per il suo intenso aroma:
a. il timo 
b. lo zafferano selvatico 
c. la salvia dei prati

Fra i fiori meno comuni ai piani d'Erna uno ricorda, nel nome botanico, una Cantica della Divina Commedia. E' il:
a. giglio di monte 
b. dente di cane 
c. mughetto


Alcune potrei inserirle in verifica

Ai Piani d'Erna ci sono i campi solcati. Sono chiamati così perchè:
a. un tempo vi si coltivava la patata 
b. sono rocce caratterizzate da piccoli solchi dovuti all'azione dissolvente delle acque meteoriche 
c. la composizione chimica delle rocce induce la presenza di un campo magnetico


Ma le più belle
 
Hanno osservato per primi le rocce dei Piani d'Erna gli occhi
a. di un rospo 
b. di un capriolo 
c. di una poiana

Alla Grigna è dedicata una leggenda cantata, in cui è definita "montagna ripida e...
a. ferrigna 
b. aspra 
c. possente


Alla guerriera bella e senza amore
un cavaliere andò ad offrire il core,
cantava: Avere te voglio, o morire!
Lei dalla torre lo vedea salire
Disse alla sentinella
che stava sopra il ponte:
Tira una freccia in fronte
a quello che vien su.


Il cavaliere cadde fulminato:
Ma Iddio punì l’orribile peccato
e la guerriera diventò la Grigna
una montagna ripida e ferrigna.
Anche la sentinella
che stava sopra il ponte
fu trasformata in monte
e la Grignetta fu.


Noi pur t’amiamo d’un amor fedele,
montagna che sei bella e sei crudele,
E salendo ascoltiamo la campana
d’una chiesetta che a pregare chiama.
Noi ti vogliamo bella
che diventasti un monte;
facciam la croce in fronte,
non ci farai morir.

venerdì 15 luglio 2011

Grafici


Quando chiedo la riproduzione di un grafico il pensiero più cortese è che sono semplicemente pignola

martedì 12 luglio 2011

Aurore



Anche di aurore boreali si è parlato



Tra le testimonianze del passato:

Plinio il Vecchio nel 77 d.C. nelle Historiae naturalis (Liber II, 27) dice:

« … fit et sanguinea species et, quo nihil terribilius mortalium timori est, incendium ad terras cadens inde, sicut Olympiadis CVII anno tertio, cum rex Philippus Graeciam quteret. atque ego haec statis temporibus naturae vi, ut cetera, arbitror existere, non, ut plerique, variis de causis, quas ingeniorum acumen excogitat, quippe ingentium malorum fuere praenuntia; sed ea accidisse non quia haec facta sunt arbitror, verum haec ideo facta quia incasura erant illa, raritate autem occultam eorum esse rationem ideoque non, sicut exortus supra dictos defectusque et multa alia, nosci... »


Se si vuol ripercorrere la storia scientifica:


Anno Scienziato Scoperta
1620 Galileo Galilei,
Pierre Gassendi
Coniarono il termine Aurora 
Boreale
1620 René Descartes Propose che la luce del sole 
viene diffusa dai cristalli di
ghiaccio nelle nuvole
1733 Jean Jacques D’Ortous de Miran
Pubblicò il primo testo sull’
aurora, suggerì una 
correlazione tra le macchie 
solari e la formazione di aurore
1741 Anders Celsius Olof Hiorter Notò una coincidenza tra il 
verificarsi di tempeste 
magnetiche e la formazione
di aurore
1792 John Dalton Propose l’esistenza di particelle
magnetiche luminose
1815 Alessandro Volta Propose l’esistenza di fluidi 
elettrici condensanti
1817 Jaen Biot Provò che le aurore non 
riflettono la luce solare ma 
emettono luce propria
1822 Franklin Osservò una maggiore frequenza 
delle aurore nei poli
1860 Elias Loomis Disegnò una mappa con le zone
in cui si verificavano aurore
1872 Donati Ipotizzò che l’aurora fosse
prodotta da particelle 
elettrizzate emesse dal Sole
1878 Henri Benquerel Propose che le aurore fossero 
causate dall’idrogeno 
proveniente dal Sole
1881 E. Goldstein Ipotizzò che il Sole emettesse 
nello spazio raggi elettrici 
simili a raggi catodici a partire
dai quali si producessero le aurore
1894 Adam Paulsen Scoprì che i raggi catodici che
producono le aurore si 
originano nell’alta atmosfera
1896 Kristian Birkeland Suppose che i raggi catodici 
provenissero dal Sole
1897 J. J. Thomson Scoprì che i raggi catodici 
sono composti da elettroni
1900 Svante Arrhenius Ipotizzò che il Sole lanciasse 
particelle elettrizzate 
negativamente, le quali, 
respinte per la pressione della 
luce, raggiungevano l’atmosfera
terrestre dove venivano
catturate dal campo magnetico
terrestre
1901 Birkeland Eseguì degli esperimenti 
con un magnete sferico 
bombardato da raggi 
catodici, ottenendo 
strisce luminose intorno 
ai poli della sfera, 
come gli anelli delle 
aurore
1903 Birkeland Propose l’esistenza di una 
corrente associata 
alle aurore
1928 Hulbert Attribuì la causa del fenomeno 
aurorale alla ionizzazione 
prodotta nell’alta atmosfera 
terrestre dalla radiazione 
ultravioletta solare
1930 Carl Stømer Classificò le forme delle 
aurore
1963 Yasha Feldstein Disegnò le mappe degli ovali 
aurorali



Breve il cenno alle leggende che le accompagnano

Così le ho cercate da sola

Tanto tempo fa, una volpe dalla rossa pelliccia correva sopra creste rocciose in un posto lontano del nord.
A forza di correre si era stancata, perchè gli enormi cumuli di neve la facevano affondare. 
La volpe dovette far riposare la sua coda perché era troppo debole per tenerla in alto. 
In seguito, poiché la volpe stava correndo sulle croste rocciose, la sua coda colpí la neve, formando cosí, migliaglia di piccoli bagliori che fluttuarono nel cielo notturno e che portarono ad un uno spettacolo di forme e colori.


I vichinghi pensavano che i suoi colori derivassero dalla luce che si rifletteva sugli scudi delle Walchirie. 
Esse erano le messaggere del dio Odino che arrivavano dal Walhalla in sella ai loro cavalli per designare coloro che sarebbero stati uccisi in battaglia.
Le striature luminescenti erano le loro lance, le scintille intermittenti i riflessi dei loro scudi e i loro archi i Bfröst (arcobaleno), il mitico ponte attraverso il quale le anime dei defunti passavano nell'aldilà.
I bagliori che si osservavano in cielo segnalavano che le messaggere erano al lavoro, indice di una battaglia in atto da qualche parte.


Secondo la mitologia finlandese erano un fiume di fuoco (Rutja) che delimita i regni della vita e della morte.

Quella che mi piace di più:

Secondo i danesi erano dovute ad un gran numero di cigni che volando verso nord venivano intrappolati nel ghiaccio polare e ogni volta che sbattevano le loro ali, nel tentativo di liberarsi, generavano riflessioni.