lunedì 13 giugno 2022

 Concorso


Forse ho sbagliato mestiere nella vita 😁

https://www.aci.it/archivio-notizie/notizia.html?tx_ttnews%5Btt_news%5D=2553&cHash=7430212682978895f81e486cfd1d07d1



sabato 28 marzo 2020

Silenzio


Non suonano più le campane a morto
Non corrono più ambulanze per la strada
La mia vicina si muove piano nei suoi cinque metri di giardino
Tiene con la mano il sacchetto del drenaggio intestinale
La vita ne uscirà vittoriosa

mercoledì 23 aprile 2014

Tempo

Il ritorno.
Esiste ancora.
Esattamente come l'ho lasciato.
Rileggo qualcosa e sorrido
I pensieri restano lì dove sono



venerdì 7 dicembre 2012

Rotazione e Rivoluzione

Insegnare la geografia astronomica agli studenti di prima.



Cercare di semplificare quanto per trent'anni raccontato agli studenti di quinta senza scadere nella ripetizione del programma della media inferiore

Cercare di rende un po' più flessibili le menti

Ottenere questi risultati

Domanda: Se la Terra avesse una velocità di rivoluzione doppia rispetto a quella che effettivamente ha, quanto sarebbe più lungo il giorno solare? 

Risposta: La Terra compie 30 km al secondo. il giorno solare è pari a 365 giorni, 5 ore e 50 minuti. Se la Terra percorresse 60 Km al secondo, il giorno solare sarebbe lungo la metà. Quindi 182 giorni, 17 ore e 25 minuti.  Il giorno solare sarebbe lungo 12 ore


C'è qualcosa in questa logica schiacciante che non riesco a cogliere

Colgo solo che ho sbagliato tutto


sabato 1 dicembre 2012

Stanchezza

Un Liceo che avanza spinto dal suo peso.
Rassegnazione o stanchezza?
Non posso credere sia disinteresse
Eppure nemmeno un comunicato ufficiale, neppure adesioni sufficienti a rendere significativa la dimostrazione
(era stato richiesto di fermarsi nei pomeriggi a scuola per svolgervi tutto il lavoro sommerso fatto a casa)

In altre scuole almeno una lettera aperta è stata scritta
Trascrivo quella prodotta dai colleghi del Quarenghi








"Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce".

Cari genitori

ci rivolgiamo a voi ,perchè siete parte dello stesso progetto,dello stesso percorso. Voi ci affidate con fiducia i vostri ragazzi ,noi li accogliamo e contribuiamo alla loro crescita attraverso il sapere.

Proprio per queste responsabilità che quotidianamente ricordiamo di avere, ma che sono scarsamente riconosciute dall'opinione pubblica,vorremmo farvi meglio conoscere i problemi che investono il mondo della scuola e di conseguenza spiegare il nostro malessere.

La proposta del Ministro Profumo di reperire ancora fondi dalla scuola,con ulteriori tagli, ha indignato tutto il corpo docente,in tutta Italia. Ma ,allo stesso tempo, in tutto il Paese, molti ci hanno accusato di essere dei privilegiati e di non voler far sacrifici . ( si leggano ,come esempio, gli articoli pubblicati su” La Stampa “in data 13 / 11/ 2012).

Sono ormai anni che la scuola è sotto attacco.

Vorremmo ricordare che la scuola ha già pesantemente dato il proprio contributo,con il taglio di circa centoquarantamila posti di lavoro, e ancora più pesanti ce ne saranno,se si tornerà a considerare l'ipotesi di aumentare le ore di lezione frontale. Tutto questo a scapito dei giovani colleghi ,che non potranno mai accedere all'insegnamento,e alla qualità della docenza stessa.

Noi siamo lavoratori che pagano le tasse come tutti ,che stanno soffrendo quanto gli altri lavoratori,che percepiscono uno stipendio che sta perdendo sempre più potere d'acquisto, siamo lavoratori a cui hanno negato gli scatti di anzianità e che hanno un contratto scaduto dal 2009.

Noi siamo lavoratori che hanno diritti e doveri ,ma che sono diritti e doveri particolari in merito alla crescita del Paese e alla formazione dei cittadini di domani e per tale funzione vogliamo essere CONSIDERATI.

Ci piacerebbe che le RIFORME sulla scuola avessero come obiettivo pilastri educativi e pedagogici,non finanziari.

Pertanto,in merito alla proposta dell'aumento delle lezioni frontali di lavoro,abbiamo manifestato il nostro disappunto,per diversi motivi.

E' inutile tediarvi con conti e percentuali,ma sappiate che per noi insegnanti il radicale cambiamento dell'orario è una questione morale.

Per questo siamo indignati, perché riteniamo di essere stati insultati, proponendo le sei ore in più di orario

Aggiungere ad un lavoratore, qualsiasi lavoratore, sei ore in più significa dirgli due cose:

La prima: finora non hai lavorato, finora hai rubato una parte del tuo stipendio.

La seconda: il tuo lavoro conta così poco che se anche aggiungi sei ore non cambia nulla, quello che fai è talmente insignificante che il come lo fai ci è del tutto indifferente.

Non esiste una terza possibilità e tutte e due quelle implicite nella richiesta di fare sei ore in più sono estremamente offensive.



Il contratto degli insegnanti prevede tre momenti di lavoro:

1 Orario di insegnamento: 18 ore settimanali

2 Attività collegiali: 80 ore annuali

3 Funzioni dovute (orario senza vincoli)



Su questa terza voce si esercita l'ipocrisia


Comprende tutto quello che rende realmente possibile il funzionamento della scuola, lo svolgimento delle lezioni, l'imparare da parte degli studenti. Può esistere una scuola in cui i compiti non vengano corretti, in cui le lezioni vengano improvvisate, in cui non ci sia programmazione, in cui non esistano verbali, in cui non si svolgano scrutini, in cui i compiti a casa vengano ignorati, in cui chi insegna non apra libro da trent'anni,in cui gli insegnanti non si aggiornino?

Chiaramente e senza eccezioni no.

Il nostro mestiere ha bisogno di costante aggiornamento,per poter essere all'altezza dei linguaggi richiesti e delle innovazioni, ma i costi sempre molti elevati e, con i nostri stipendi,non sempre possiamo permettercelo. Di questo il Ministro deve tener conto.

Dire che un insegnante lavora 18 ore è come dire che un avvocato lavora solo quando è in tribunale; che un magistrato lavora solo quando tiene pubblicamente un processo, che un docente universitario lavora 120 ore all'anno e cioè solo quando fa lezione, che un giornalista lavora solo quando scrive. Si dimentica, cioè, il lavoro sommerso che c'è dietro quello pubblicamente visibile: ed è dal lavoro sommerso che dipende la qualità del lavoro del magistrato, dell'avvocato, del giornalista, del docente universitario e dell'insegnante.

Le ricerche effettuate dicono che dietro ogni ora insegnata ce n'è almeno un'altra per tutto il resto: non solo cose fondamentali come la preparazione, la valutazione, la progettazione; anche attività banali come fare le fotocopie( che facciamo a casa nostra con le nostre fotocopiatrici e le nostre stampanti)
E' tempo lavoro, funzione dovuta e quindi non discrezionale, non facoltativa. Lavoro in parte svolto a casa, parte a scuola, parte in altri luoghi, non ha nessuna importanza. Aggiungere sei ore in alcuni casi significherà aggiungerne quindi dodici, da 36 a 48, contro ogni legge dello stesso stato che lo impone, contro l' Europa che viene sempre evocata( e con la quale siamo perfettamente in linea,tranne che nelle retribuzioni).

Ci sono insegnanti che lavorano meno?Certamente sì, c'è di tutto. Chi non fa niente non è spaventato, da sei ore in più. Farà niente per sei ore in più. Chi lavora seriamente potrà scegliere se provare comunque a sostenere la qualità del suo lavoro anche contro quanto suggerisce il suo stesso datore di lavoro oppure semplicemente rinunciare. E di questo le famiglie, gli studenti dovrebbero preoccuparsi molto.

Il sacrificio non è chiesto a noi, è chiesto ai cittadini. La scuola in Italia funziona ancora perché la maggior parte degli insegnanti crede nella funzione che svolge. Il Ministro ci sta invitando a non crederci più.

Infine difendiamo con forza la scuola di Stato,che non vuole ingerenze di privati,che non vuole ingerenze della politica, che vuole solo essere all'altezza del ruolo che ha sempre avuto nella storia: educare,istruire,formare cittadini liberi . Non vogliamo scuole con Statuti diversi,con organo collegiali qualitativamente e quantitativamente diversi da scuola a scuola. Non siamo agenzie formative,né televisione,né oratorio,né associazione culturale. Siamo e vogliamo essere solo la SCUOLA.

Vogliamo una scuola europea e di qualità per studenti e insegnanti. Ma le riforme si fanno investendo, non tagliando.

Per quel che ci riguarda,vogliamo investire sui vostri figli,dando loro opportunità,fornendo strumenti indispensabili al loro successo professionale,tali da poter loro garantire”un'esistenza libera e dignitosa”, poichè siamo convinti che la Conoscenza sia l'unico vero strumento contro qualsiasia forma di prepotenza e di sopraffazione.

Speriamo ci capirete e ci sarete vicini.

I docenti del Quarenghi


E il problema viene da molto lontano:



«Gli insegnanti, il cui orario settimanale è andato via via aumentando, sono diventati delle “macchine per vendere fiato”. Ma “la merce fiato” perde in qualità tutto ciò che guadagna in quantità. Chi ha vissuto nella scuola sa che non si può vendere impunemente fiato per 20 ore alla…settimana. La scuola a volerla fare sul serio logora. E se si supera una certa soglia nasce una “complicità dolorosa ma fatale tra insegnanti e studenti a far passare il tempo”. La scuola si trasforma in un ufficio, o in una caserma, col fine di tenere a bada per un certo numero di ore i giovani; perde ogni fine formativo».

Luigi Einaudi, Il Corriere della Sera, 21 aprile 1913.

venerdì 19 ottobre 2012

Sticy




Meglio ricordarlo così

mercoledì 5 settembre 2012

La montagna incantata

Due estati

Quando inizio una lettura, la finisco

Faticosa, a tratti difficile, a tratti anche noiosa

Il finale però ripaga ampiamente 

E tale finale riporto perchè anche solo una persona in più possa accedervi




"Dove siamo? Che è questo? Dove ci ha sbalestrati il sogno? Penombra, pioggia e fango, rossi bagliori d'incendio nel cielo bigio, che rimbomba senza posa di tuoni e boati, empiendo l'aria umida, lacerata da sibilanti ronzii, dall'arrivo di furiosi latrati da cane infernale, che terminano il loro percorso fra schegge, spruzzi, schianti e fiammate, da gemiti e gridi, da squilli d'una tromba che sta per scoppiare, da rulli d'un tamburo che spinge, spinge alla fretta...
Ecco un bosco dal quale si riversano frottè grigie che corrono, cadono, saltano.
Ecco una catena di colli che si allunga davanti al lontano incendio, la cui bragia si condensa ogni tanto in vampe lingueggianti.
Intorno a noi si stendono i campi ondulati, sconvolti, sterrati. Una strada maestra li attraversa fangosa, coperta di rami spezzati, simile al bosco; una viottola di campagna, solcata, senza fondo, porta ad arco fino ai colli, tronchi si ergono nella pioggia, umidi, scamozzati...
Qui c'è un cartello indicatore,... inutile interrogarlo; l'aria quasi buia lo nasconderebbe, anche se un colpo non l'avesse sbrandellato a frastagli.
Oriente o Occidente? E' la pianura, è la guerra.
E noi siamo timide ombre lungo la via, vergognose nell'ombra, al sicuro, senza nessuna voglia di vanterie e spacconate, condotti qua dallo spirito del racconto per cercare tra i grigi camerati che escono a frotte dal bosco, correndo, cadendo, incalzati dal rullo del tamburo, uno che conosciamo, il compagno di viaggio di tanti annetti, il bonario peccatore, del quale tante volte abbiamo udito la voce, e guardarlo ancora una volta nel viso schietto, prima di perderlo di vista.
Li hanno fatti venire, i camerati, per dare l'ultima spinta al combattimento che è già durato l'intera
giornata e ha lo scopo di riconquistare quelle posizioni sui colli e, dietro, i villaggi in fiamme, perduti due giorni sono.
E' un reggimento di volontari, sangue giovane, studenti la maggior parte, da poco tempo al campo.
Ricevuto l'allarme durante la notte, hanno viaggiato in treno fino al mattino e marciato sotto la pioggia fino al pomeriggio per strade cattive,... senza strade, perché le vie erano intasate, e si dovette prendere per campi e acquitrini, sette lunghe ore, con la mantella imbevuta d'acqua, con lo zaino affardellato, e non è stata una passeggiata di diporto; non volendo perdere gli stivali, bisognava chinarsi quasi a ogni passo, infilare il dito nel cignolo e ritirare cosí il piede dal terreno ammollato.
Cosí ci hanno messo un'ora per attraversare un praticello.
Ora sono arrivati, il sangue giovane ha sopportato tutte le fatiche, il corpo eccitato e oramai sfinito, ma teso e sostenuto dalle piú profonde riserve di vita, non reclama il sonno negato, né il cibo.
Il viso bagnato, lordo di fango, incorniciato dal soggolo, arde sotto l'elmo rivestito di grigio, spostato da una parte.
Arde per lo sforzo e per lo spettacolo delle perdite subite nell'attraversare i pantani del bosco.
Il nemico infatti, sapendo della loro avanzata, ha diretto sulla loro strada un fuoco d'interdizione di
shrapnell e granate di grosso calibro che ha già colpito il gruppo scheggiando il bosco e ora frusta ululando e spruzzando e incendiando l'ampia distesa dei campi arati.
Devono passare, i tremila ragazzi febbricitanti, sono di rinforzo, con le loro baionette devono decidere le sorti dell'assalto alle trincee davanti e dietro la linea dei colli e ai villaggi in fiamme, appoggiare l'avanzata fino a un determinato punto, indicato nell'ordine che il loro comandante tiene in tasca.
Sono tremila, affinché rimangano in duemila quando saranno presso i colli e i villaggi; questo è il
significato del loro numero.
Essi sono un corpo predisposto, anche dopo gravi perdite, ad agire e vincere e a poter salutare la vittoria ancora con un urrà di migliaia di voci,... senza tener conto di quelli che si sono appartati cadendo.
Parecchi si sono già separati, sono caduti durante la marcia forzata, per la quale si sono dimostrati troppo giovani e fragili.
Si fecero sempre piú pallidi, barcollanti, vollero fare ancora uno sforzo ostinato, ma finirono col restare indietro.
Si trascinarono ancora un tratto a fianco della colonna in marcia e, sorpassati da una squadra dopo l'altra, scomparvero dove non era bello giacere.
Poi era giunto il bosco straziato.
Ma i giovani che sbucano in ordine sparso sono ancora numerosi; tremila possono reggere a un salasso e ciò nonostante rimangono un'unità formicolante.
Già allagano la nostra zona molle e battuta, la strada, la viottola di campagna, i campi limacciosi; noi ombre vigili, al margine, siamo in mezzo a loro.
Sul limitare del bosco si continua a inastare la baionetta, con maneggio addestrato, la tromba chiama d'urgenza, il tamburo rulla entro il piú profondo rotolio dei tuoni, ed essi avanzano a precipizio, come vien viene, con grida scomposte, coi piedi pesanti come in un sogno tormentoso, perché le zolle del campo si attaccano plumbee ai goffi stivali.
Si buttano a terra all'urlo dei proiettili in arrivo, per poi rialzarsi e correre avanti, con esclamazioni di giovanile coraggio, perché non sono stati colpiti.
Vengono colpiti, cadono agitando le braccia, con uno sparo in fronte, nel cuore, nelle viscere.
Giacciono col viso nel fango, non si muovono piú.
Giacciono, la schiena sollevata dallo zaino, la nuca affondata nel terreno, e adunghiano l'aria.
Ma il bosco ne manda degli altri che si buttano a terra e saltano e, muti o urlanti, procedono incespicando tra i caduti.
Oh, quei giovani con zaino e baionetta, con mantella e stivali insudiciati! Alla maniera beatamente
umanistica potremmo osservarli sognando anche altre visioni.
Potremmo figurarceli nell'atto di guazzare cavalli alla cavezza in una insenatura marina, di passeggiare con l'innamorata lungo la spiaggia, con le labbra all'orecchio della tenera sposa, o anche nel felice e amichevole compito d'insegnarsi a vicenda a tirare con l'arco.
Invece giacciono qui col naso nel fango.
Che lo facciano con gioia, sia pure in angosce infinite e nell'inenarrabile nostalgia della mamma, è un'altra questione, sublime e umiliante, e non dovrebbe essere motivo di portarli a questo sbaraglio.
Ed ecco il nostro conoscente, ecco Hans Castorp! Già da lontano lo abbiamo riconosciuto dalla barbetta che si è lasciato crescere alla tavola dei "russi incolti".
E' tutto bagnato e arde, come tutti.
Corre coi piedi appesantiti dalle zolle, bilanciando il fucile nella mano abbassata.
Ecco, calpesta la mano di un camerata caduto, con lo stivale chiodato preme quella mano dentro al terreno pantanoso, coperto di rami scheggiati.
Ciò nonostante è lui.
Canta persino! Come nell'eccitazione intontita, senza pensiero, si canta a fior di labbra senza saperlo, cosí egli usa il respiro strapazzato per cantare tra sé, a mezza voce: Ich schnitt in seine Rinde so manches liebe Wort...
Cade.
No, si è buttato ventre a terra, perché un cane infernale arriva ululando, una grossa granata dirompente, un ributtante pan di zucchero dell'abisso.
Giace con la faccia nel fango freddo, le gambe divaricate, i piedi distorti, coi tacchi all'ingiú.
Il prodotto d'una scienza abbrutita, carico del peggio, affonda nel terreno a trenta passi di fianco a lui come il diavolo in persona, ed esplode laggiú con orrenda strapotenza, sollevando nell'aria una fontana, alta come una casa, di terriccio, fuoco, ferro, piombo, e brani di carne umana.
Là infatti stavano coricati due amici, si erano buttati giú insieme nel pericolo: ora sono mischiati e
scomparsi.
Oh vergogna della nostra sicurezza nell'ombra! Via, via! Questo non lo vogliamo narrare! E' stato colpito il nostro conoscente? Un istante ha creduto di esserlo.
Una grossa zolla l'ha preso allo stinco, gli ha fatto male, sí, ma è roba da ridere.
Egli si rialza, prosegue barcollando, zoppiconi, coi piedi pesanti di terra, cantando incosciente: Und seine Zweige rauschten, Als riefen sie mir zu...
E cosí nel trambusto, nella pioggia, nel crepuscolo, lo perdiamo di vista.
Addio, Hans Castorp, schietto pupillo deUa vita! La tua storia è terminata.
L'abbiamo narrata sino alla fine; non fu né divertente né noiosa, fu una storia ermetica.
L'abbiamo raccontata per se stessa, non per amor tuo, poiché tu eri semplice.
Ma in fin dei conti era la storia tua; siccome è toccata a te, devi aver avuto una certa accortezza, e noi non neghiamo la simpatia pedagogica che ci prese nel narrarla e potrebbe anche indurci a passare delicatamente un polpastrello sull'angolo d'un occhio al pensiero che non ti vedremo e non ti ascolteremo in avvenire.
Addio,... sia che tu sopravviva o muoia! Le tue probabili sorti sono brutte; la mala danza nella quale sei trascinato durerà ancora qualche anno, e noi non ci sentiamo di scommettere forte che ne uscirai salvo.
Francamente non ci preoccupiamo gran che se la questione rimane aperta.
Avventure della carne e dello spirito che hanno potenziato la tua semplicita, ti hanno permesso di
superare nello spirito ciò che difficilmente potrai sopravvivere nella carne.
Ci sono stati momenti in cui nei sogni che governavi sorse per te, dalla morte e dalla lussuria del corpo, un sogno d'amore.
Chi sa se anche da questa mondiale sagra della morte, anche dalla febbre maligna che incendia
tutt'intorno il cielo piovoso di questa sera, sorgerà un giorno l'amore?"